La tradizione della lettera di Natale al Centro Balducci: «Tra gli orrori segni di speranza»
A Zugliano il rito ultraventennale che unisce mondo religioso e sfera laica. I firmatari invitano a non distogliere lo sguardo dalle situazioni difficili e a fare ognuno la propria parte. «Dal Silos di Trieste all’ex caserma Cavarzerani di Udine, fino al Cpr di Gradisca d’Isonzo: troppe persone sono “invisibili”»

«Alzare lo sguardo», come ha ammonito il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, anziché comodamente distoglierlo dalle situazioni difficili e dolorose, a maggior ragione se apparentemente lontane da noi, è «dovere di tutti», di ogni componente della società, in qualsiasi parte del mondo: sulle tragedie umanitarie in corso nei teatri di guerra, sulla corsa agli armamenti, sul dramma della profuganza e degli esodi di massa bisogna imperativamente puntare gli occhi, nel tentativo di invertire la rotta, ciascuno nel suo piccolo, partendo dal quotidiano.
La Lettera di Natale 2024, tradizione ultraventennale che unisce mondo religioso e sfera laica e che nella mattinata di giovedì 19 dicembre è stata presentata al Centro Balducci di Zugliano, invita proprio a «risollevarsi», a «non rimanere piegati» su se stessi «vivendo nello sconforto e nella rassegnazione, concentrati solo sull’io», e a tenere nella dovuta considerazione una serie di «segni di speranza» che dimostrano come il cambiamento, se voluto, non è utopia.
L’occasione del Giubileo
La spinta all’impegno può arrivare anche dall’anno giubilare, che si aprirà a Roma Vigilia: «L’auspicio – ha commentato il presidente del centro Balducci, don Paolo Iannaccone, che ha introdotto la lettera rivolgendo un augurio di pronta ripresa al sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, colpito da un malore, e a tutte le persone che soffrono – è che questo evento non si limiti all’aspetto celebrativo, a una sterile ritualità, ma stimoli una riflessione profonda sulle origini su cui si fonda l’antica consuetudine: favorire la rinascita della vita con il riposo della terra, evitare l’accumulo di ricchezze, liberare gli schiavi (ogni tempo, anche il nostro, ha i suoi), ridurre la distanza tra ricchi e poveri».
Il no alle armi
La richiesta della Nato di investire nella spesa militare fino al 2% del Pil nazionale («quando quel denaro potrebbe essere destinato al sociale») e «la presenza anche sul nostro territorio, alla Base Usaf di Aviano, di armi nucleari, desta forte preoccupazione».
In un contesto del genere assume particolare rilevanza l’iniziativa “Fari di Pace”, promossa da Pax Christi Italia e dalla Diocesi di Trieste per «portare luce lì dove nascono le guerre: i porti, i luoghi in cui si imbarcano le armi».
Lo strazio di gaza e di tutti i profughi
Quello che sta accadendo nella striscia di Gaza «rende fondamentale che lo sguardo dei popoli – esorta il testo – si alzi verso il baluardo di civiltà rappresentato dalle Nazioni Unite, che, costantemente attaccate, rischiano di “morire”». «Impegniamoci – ammoniscono i firmatari – verso chi da profugo o da richiedente asilo entra nelle nostre terre: l’accoglienza dev’essere caratterizzata da una progettualità che consenta il rispetto della dignità e dei diritti. Questo, purtroppo, molto spesso non accade: dal Silos di Trieste all’ex caserma Cavarzerani di Udine, fino al Cpr di Gradisca d’Isonzo, troppe persone sono “invisibili”».
Segni di speranza
Agli orrori fanno tuttavia da contraltare segnali incoraggianti: è il caso dei «movimenti di chi, dentro la guerra, alla guerra si oppone», ha esemplificato Lisa Pelletti Clark (di Beati I Costruttori di Pace di Padova), una delle numerose voci risuonate al Balducci.
Da Israele alla Palestina, dall’Ucraina alla Russia e alla Bielorussia, le prese di posizione di chi «rivendica il diritto di non uccidere» brillano come un faro. Lo stesso vale per l’impegno dei giovani nel volontariato (per la fascia 14-18 anni si parla di un raddoppio, tra il 2021 e il 2023) e per le prospettive spalancate da Go! 2025: «Possa favorire la nascita di corpi civili di pace europei».
Tanti gli interventi tra i quali don Mario Vatta, don Nandino Capovilla, Carlo Beraldo, don Pierino Ruffato, Paolo Chicco, Silvano Magnelli e don Albino Bizzetto.
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