Terremoto del Friuli, a Gemona i quattrocento rintocchi per onorare le vittime
GEMONA. Anche quest’anno, nel 41° anniversario del terremoto, la comunità di Gemona si è ritrovata per ricordare i morti sotto le macerie in quella terribile notte, nel 1976. Ma non solo perché seguendo lo slogan scritto e riscritto sui muri distrutti «Il Friuli non dimentica», Gemona ha rinnovato l’impegno e ha nuovamente teso la mano ai terremotati di oggi e al sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, che in serata ha partecipato alla messa a ricordo dei 400 morti.
Di fronte al monumento di piazzale Chiavola alla presenza dell’assessore regionale alla Protezione civile, Paolo Panontin, e delle autorità militari, sono state ricordate le vittime e i soccorsi portati alla popolazione dal corpo nazionale dei vigili del fuoco. Molto sentita e partecipata anche la celebrazione alla caserma Goi-Pantanali, dove, uno alla volta, sono stati letti i nomi dei 29 militari strappati alla vita dal terremoto.
Mentre veniva deposta la corona di alloro davanti al monumento ai Caduti, tante mani poste orizzontalmente accanto alla penna nera dei militari della Brigata Julia, la sua Fanfara, le forze militari presenti, ma anche i rappresentanti delle numerose associazioni combattentistiche e d’arma, hanno creato la migliore scenografia per descrivere e condividere il ricordo di chi mancava all’appello.
Come succede da 41 anni, è prevalsa l’emozione anche nella voce del sindaco Paolo Urbani: «Questi volti – ha detto il primo cittadino – ci fanno soffrire perché noi i nostri monumenti li abbiamo ricostruiti. Tuttavia, questa opera di ricostruzione che ci ha visti tutti partecipi, ci permette oggi di dire che ce l’abbiamo fatta di fronte ai nostri Caduti. Possiamo dire di averli onorati».
Paolo Fabbri, il comandante della Brigata alpina Julia, non è stato da meno nel suo discorso, che ha aperto ringraziando pubblicamente Giuseppina Cargnelutti Virilli, colei che da tempo mantiene i contatti per permettere, ogni anno, la cerimonia alla Goi-Pantanali. La malattia l’ha tenuta lontana per alcune edizioni, ma Giuseppina ha voluto esserci, in prima fila, stretta dall’abbraccio dei presenti.
«Il Friuli - ha detto il comandante Fabbri - ha lasciato a bocca aperta tutta l’Italia: siete riusciti a ricostruire nonostante le perdite. Il modello Friuli è stato quello che ha visto militari, vigili del fuoco, carabinieri e tutte le altre forze con i cittadini, lavorare assieme: hanno ricostruito prima le case e poi la caserma. Hanno pensato prima agli altri».
E in serata, così come è avvenuto nei diversi paesi del gemonese, il momento più intimo che la comunità condivide ogni anno, è stata la messa delle 20, e i 400 rintocchi del campanone della torre del castello, a cui solo il silenzio ha fatto da contraltare.
Nel corso dell’omelia, monsignor Valentino Costante, ha ricordato ai presenti la necessità di pensare anche allo spirito: «Quarant’anni fa – ha detto il sacerdote –, nel giugno 1977, la comunità religiosa approvò un documento in cui evidenziò la necessità di una ricostruzione spirituale. In questa realtà che ci ha permesso di ricostruire tutto, abbiamo dimenticato che l’obiettivo non è solo affrontare la vita di ogni giorno, ma è vivere assieme agli altri».
La toccante giornata del ricordo è stata condivisa anche dall’assessore regionale Mariagrazia Santoro, dal presidente della Provincia, Pietro Fontanini e dai consiglieri regionali Renzo Tondo e Roberto Revelant
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