Papa Francesco e l’imperativo della difesa dell’ambiente

L’enciclica «Fratelli tutti» e i principi rivoluzionari della “Bergoglio economy”, che aprono la strada per un’etica del capitalismo e del lavoro

Massimiliano CannataMassimiliano Cannata
Papa Francesco in visita ad Assisi per firmare l’Enciclica “Fratelli tutti”.
Papa Francesco in visita ad Assisi per firmare l’Enciclica “Fratelli tutti”.

Siamo “Fratelli tutti”, perché facciamo parte di una comunità di destino che non ammette distinzioni, falsificazioni ideologiche, false dottrine. Ci ha lasciato un grande Papa, venuto dalla “fine del mondo”, per cambiare la Chiesa e ridare attualità all’insegnamento rivoluzionario del santo di Assisi. Il pontificato di Francesco lascerà una traccia indelebile, sulla scia della grande tradizione teoretica e filosofica che da San Tommaso arriva fino a Jacques Maritain.

Allergico alle gerarchie, Francesco ha modificato le gerarchie, rimettendo al centro della storia l’uomo con le sue fragilità.

«La Chiesa è stata forte quando è stata debole, quando ha voluto imbracciare le armi dimenticando il Vangelo è divenuta serva del potere». La riflessione di un altro grande teologo e anch’egli gesuita, padre Bartolomeo Sorge, fotografa molto bene i principi che hanno ispirato la pastorale di Bergoglio.

L’attenzione per gli ultimi costituisce il fondamento della dottrina sociale che conduce alla costruzione di una visione geopolitica che afferma il rispetto della persona in una visione etica dell’economia e dello sviluppo. Un futuro sostenibile potrà essere attuato solo se maturerà la consapevolezza del rischio di annientamento che tutti i popoli del pianeta corrono nelle dinamiche evolutive dell’ecosistema globale. I dettami della fede devono, in quest’ottica, coincidere con l’esigenza profonda di proteggere l’individuo e la natura dalla distruzione.

Teologia, ecologia, etica si danno la mano, una convergenza inedita che l’intuito e la fede di Bergoglio hanno messo in primo piano. Le élite planetarie sembrano ancora in ritardo, dimostrando di non capire che «uscire dall’età della guerra e dalla logica dello sfruttamento incondizionato dell’ambiente» è un imperativo per tutti. Il vecchio paradigma dei giochi a somma zero non è più accettabile. Saremo perdenti, se non ci poniamo in ascolto della sofferenza del pianeta, nella prospettiva dell’ecologia integrale.

Ospite inaspettato Francesco è entrato nelle case: «Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora», praticando la scrittura sacra con quella semplicità di comportamenti che da sempre spiazza i potenti. La stessa arma dell’umiltà aveva usato Francesco d’Assisi, che aveva disorientando Innocenzo III, mettendo in discussione il sogno teocratico di un’egemonia papale, che nulla aveva a che fare con la pratica della carità. Bergoglio ha avvertito fino all’ultimo questa missione cercando fuori dai palazzi le sue pecore. Per questo lo abbiamo visto attraversare le navate di San Pietro, fragile in abiti insoliti.

Nessun conformismo poteva confacersi a un Pontefice che ha chiesto scusa per i peccati gravi che hanno segnato la storia della Chiesa.

«Chi sono io per giudicare» lo ha ribadito più volte, ricordando che la speranza è il valore che può condurci oltre la crisi di questa epoca segnata da tante contraddizioni. Un cambio di marcia è ancora possibile se impariamo, questo il messaggio di fondo, a vedere la «Terra che geme come una casa comune» dove scienza, tecnologia, sanità, sono componenti di un sapere comune, non merci in competizione.

Adesso si discuterà sugli equilibri mutati del conclave che si apre, di giochi di potere. Se vogliamo onorare la memoria del Papa, faremmo meglio a studiare i principi rivoluzionari della sua “Francesco economy”, che aprono la strada per un’etica del capitalismo e del lavoro, imprimendo un impulso decisivo al progresso dell’umanità.

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