Il generale, l’alpino e la naja in Friuli: Marco e Donato si sono incontrati dopo 64 anni

La storia di Marco Gheno e di Donato Barbati ha commosso. Un forte abbraccio per ricordare i vecchi tempi ad Artegna

Maurizio Cescon
Marco Gheno e di Donato Barbati
Marco Gheno e di Donato Barbati

Quando la cameriera ha portato loro il caffè, li ha visti abbracciarsi forte e ha sentito i loro racconti lontani nel tempo ma carichi di emozioni, si è messa a piangere.

E a tanti di quelli che hanno assistito all’incontro, è scesa una lacrima, un po’ di gioia, un po’ di commozione.

Sabato scorso, in una saletta dell’Art hotel a Udine, si sono rivisti dopo 64 anni dalla naja.

I protagonisti di questa incredibile storia, una perla nella cornice di un’adunata che resterà a lungo impressa nei cuori di coloro che l’hanno vissuta, sono il generale della Guardia di finanza Marco Gheno, 90 anni a giugno, origini di Bassano del Grappa ma oggi residente a Ronchi dei Legionari, e l’alpino di Celano, in Abruzzo, Donato Barbati, classe 1936.

Le loro esistenze si sono incrociate nel 1959 nella caserma Chiaradia di Artegna, dove era di stanza la sesta compagnia, detta “La bella” del battaglione Tolmezzo.

Gheno era un tenente della Guardia di finanza, ed era stato catapultato in Friuli per i campi di addestramento estivi e invernali, alla fine degli anni Cinquanta.

Barbati era un soldato di leva, 18 lunghi mesi, tutti trascorsi nella piccola Patria. «Il Friuli è la terra mia - racconta oggi Barbati, barbiere in pensione - ho sempre nella mente Gemona, Artegna, Timau. L’adunata di Udine è stata bellissima, all’ammassamento mi sono messo a piangere per la felicità».

È stato proprio Barbati, tenace e lucidissimo, a cercare i commilitoni dell’epoca tramite le sezioni Ana, a recuperare il numero di telefono del figlio di Gheno e a mettersi in contatto con lui. All’appuntamento si è presentato Gheno, perchè molti altri purtroppo non ci sono più, sono andati avanti, come dicono le penne nere.

Ed è stato sempre Barbati, una volta che Gheno ha varcato l’ingresso dell’albergo, a riconoscere immediatamente il generale.

Un fiume di ricordi, di particolari dei campi di addestramento, di comandanti della compagnia, di episodi consumati nel gelo dell’inverno sulle Alpi Giulie, si sono riemersi dall’oblio del tempo e hanno fatto commuovere gli altri alpini di Celano (il gruppo venuto a Udine per l’adunata era composto da 47 persone).

«Ero nella sesta compagnia - dice il generale Gheno - comandata da un certo capitano Varese, il più esperto e valoroso di tutti gli alpini, lo rispettavano anche i superiori. Io sono stato aggregato dalla Finanza agli alpini, per fare esperienza di comando. Infatti mi avevano assegnato un plotone, eravamo in 300.

Negli addestramenti facevamo marce continue, arrampicate, sulle cime del Canin, del Coglians e del Peralba. Barbati era un alpino di leva, veniva dall’Abruzzo, avevamo fatto amicizia perchè lui stava imparando il mestiere di barbiere e così all’occorrenza ci tagliava i capelli. In quei tempi da militari abbiamo fatto sacrifici immensi, oggi inimmaginabili.

Pensi che indossavamo le divise e gli equipaggiamenti da montagna, le giacche a vento, i pantaloni pesanti, lasciati dai soldati americano alla fine della Seconda guerra mondiale.

Con i commilitoni si diventava amici per la vita, erano esperienze indimenticabili. Sono stato davvero contento di aver rivisto Barbati, ci siamo abbracciati con naturalezza, come fratelli, come se non fosse passato tutto questo tempo.

All’epoca era uno tosto, si impegnava molto nelle esercitazioni, non mollava mai.

Quella di Udine è stata l’adunata più bella di sempre, c’era affetto, sentimento, amicizia, tutto manifestava lo spirito alpino. Io ho fatto carriera nella Finanza, ma sono rimasto legatissimo alle penne nere, porto con orgoglio il cappello, così come sono fiero di essere depositario della medaglia d’oro al valor militare di un mio cugino caduto sul Grappa nel 1917, il tenente Marco Sasso».

Barbati, dalla sua casa in provincia de L’Aquila, promette già di voler tornare nel “suo” Friuli. «Quei 18 mesi del servizio di leva - racconta ancora - sono stati la cosa più importante di tutte. E sa cosa le dico? Rifarei la naja anche adesso, a questa mia età».

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