Partite da Timau, sfilano a Udine anche le portatrici carniche: “Siamo qui per ricordare la storia”

La loro silenziosa presenza alla sfilata, ricordava mogli, madri, a volte anziane, a volte giovinette, che si caricavano sulle spalle dai 30 o 40 chili di materiale da trasportare: in quelle gerle c’erano viveri, medicinali, biancheria, corrispondenza, ma anche granate e munizioni.

Alessandra Ceschia
La sfilata delle portatrici carniche con gli alpini (Foto Petrussi)
La sfilata delle portatrici carniche con gli alpini (Foto Petrussi)

Si sono incamminate lentamente calzando i loro scarpets, chine sotto il peso della gerla, chi tirando fuori i ferri e facendo a maglia, chi recitando il rosario. Al loro passaggio, silenzioso e denso di significato come lo è stato il contributo che le loro nonne, le loro zie o le loro bisnonne, hanno dato alla patria, scrosciavano gli applausi e gli occhi si inumidivano.

Il gruppo storico delle portatrici carniche era stato inserito nel primo settore al corteo per l’Adunata degli alpini, appena dopo la rappresentanza delle Crocerossine, degli atleti paralimpici alpini e dei campi scuola. Dovevano cominciare a sfilare alle 9, ma sono scese dalla Carnia prima ancora che albeggiasse: si sono date appuntamento alle 5 a Timau e poi sono partite insieme, tutte e 25.

«Siamo qua per ricordare le nostre antenate e il loro ruolo nella storia, ognuna di noi ha nel cuore una parente stretta che ha fatto la portatrice su quei sentieri di montagna – ha messo in chiaro Velia Plozner –. Loro lasciavano i figli a casa e partivano all’alba, era doveroso fare altrettanto per portare il nostro contributo in questa circostanza».

La loro silenziosa presenza alla sfilata, ricordava mogli, madri, a volte anziane, a volte giovinette, che si caricavano sulle spalle dai 30 o 40 chili di materiale da trasportare: in quelle gerle c’erano viveri, medicinali, biancheria, corrispondenza, ma anche granate e munizioni. Costituirono un vero e proprio corpo di ausiliarie formato da donne giovani e meno giovani. Avevano dai 15 ai 60 anni di età e con le loro staffette sfidavano i cecchini dimostrando una forza pari a quella di un battaglione di soldati. Non furono militarizzate, ma “militare”, nel più nobile significato della parola, fu il loro comportamento, sempre ispirato alla fedele e scrupolosa osservanza del gravoso impegno assunto: quello di garantire rifornimenti ai reparti schierati a difesa del confine. Fatto il carico nella gerla, partivano a gruppi di 15 o 20 senza una guida, imponendosi una rigorosa disciplina di marcia. Percorrevano qualche chilometro a fondo valle, poi attaccavano la montagna indirizzando ogni gruppo a raggiera, verso la linea del fronte.

E, a volte, venivano ferite, o uccise, come capitò alla Medaglia d’oro al valor militare Maria Plozner Mentil, madre di quattro figli in tenera età e sposa di combattente sul fronte carsico.

Partivano con il buio stringendosi nei loro scialli, infilandosi le calze di lana sotto i gonnelloni lunghi, gli scarpets o gli zoccoli di legno che qualcuna ha portato con sé alla sfilata. La meta, a volte era il Pal Piccolo, altre volte il Pal Grande, Promosio o il Freikofel, chiamato anche monte Cuelat, la cima delle Alpi Carniche centrali che sorge tra il Pal Piccolo a ovest e il Pal Grande a est, a formare la dorsale che dal Passo di Monte Croce Carnico. Dovevano superare dislivelli che andavano da 600 a 1.200 metri, avanzando sotto la pioggia o la neve.

Camminavano in fila indiana per quattro o cinque ore e, intanto, pregavano per i loro bambini, per gli uomini al fronte e qualcuna, intanto, sferruzzava.

Proprio come ha fatto ieri il gruppo storico delle portatrici carniche “Maria Plozner Mentil”. «Con noi – ha raccontato Velia – ci sono anche ragazze giovani, la più piccola ha 16 anni». Eddie Bianchet, invece, nipote della portatrice Pasqua Anater, di anni ne ha 76. Ci teneva tanto a partecipare all’Adunata. «Da piccole abbiamo imparato a conoscere la storia di quelle donne, il loro coraggio, i loro sacrifici – ha aggiunto Velia –. Ricordare è doveroso, per questo è necessario coinvolgere le nuove generazioni e tramandare la memoria». Un impegno che gli alpini da sempre si sono presi, tant’è che le storiche portatrici, finché erano in vita, affiancavano gli alpini alle adunate e sfilavano con loro.

Poi è stato il gruppo di Timau ad assumersi l’onere di riunire le discendenti di quelle donne per creare un gruppo storico, costituitosi ufficialmente a ottobre dello scorso anno. Ne sono arrivate altre, anche da Cleulis, di Paluzza, da Trelli di Paularo, da Treppo Ligosullo, da Sutrio e da Moggio. Con loro, ieri, c’erano anche Dina Della Schiava, 68 anni, nipote della portatrice Polonia Della Schiava e sua figlia Chiara Banelli, bisnipote della portatrice Maria Banelli, entrate nel gruppo. E c’era anche Alda Uberti, giunta dal Piemonte: «Sono venuta in Carnia per studiare la loro storia, per percorrere i loro sentieri e per unirmi a loro» ha detto incamminandosi.

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