In Fvg cresce il fronte del no al 5G: «Temiamo per la salute»

Giovedì 17 ottobre a Udine una riunione regionale per strutturare l’attività dei gruppi. Attualmente sono 200 gli attivisti in regione. Obiettivo, promuovere una moratoria

UDINE. «È la mancanza di chiarezza ad alimentare il sospetto». Il triestino Diego Cervai, portavoce regionale del comitato Stop 5G, rispedisce al mittente le accuse di chi appioppa agli anti-quinta generazione l’etichetta di retrogradi, di nemici della tecnologia.

«Stupidaggini – taglia corto –. Io uso lo smartphone, sfrutto i dispositivi digitali e così gli attivisti che in questi mesi spendono il loro tempo libero per cercare di creare una consapevolezza condivisa sul tema. Quel che lamentiamo è la scarsa trasparenza sugli effetti sulla salute e sull’ambiente del nuovo sistema di trasmissione cellulare».

Il fronte del no cresce giorno dopo giorno. In Friuli Venezia Giulia sono attualmente duecento gli attivisti, riuniti in quattro comitati provinciali che saranno varati formalmente domani, al termine della riunione convocata per le 20 nella sede udinese del Cordicom, in via Santo Stefano 5.

Il riferimento, a livello nazionale, è l’Alleanza italiana Stop 5G, che si sta battendo dallo scorso anno per arrivare a una moratoria «in difesa della salute pubblica», spiega il manifesto dell’assemblea centrale, che il 2 marzo di quest’anno ha approvato la cosiddetta “risoluzione di Vicovaro”. Il 5 novembre, a Roma, è in programma una manifestazione nazionale per sensibilizzare il Parlamento sul punto.

Ma la questione, evidentemente, interessa in prima battuta le comunità locali. Anche quelle piccole e piccolissime, inserite dall’Agcom nel pacchetto dei comuni afflitti dal digital divide e classificati dall’autorità garante per le comunicazione come prioritari nell’allestimento delle nuove infrastrutture tecnologiche.

Non esattamente una sperimentazione, come fatto erroneamente trapelare in un primo momento, ma la volontà di eliminare il divario digitale nelle aree tecnologicamente svantaggiate.

Lauco, tra i comuni regionali inseriti nel lotto, ha già detto no. E altri potrebbero seguire. «Il problema è che moltissimi sindaci non ne sanno nulla – riprende Cervai –. Abbiamo mandato in questi mesi centinaia di Pec ai primi cittadini e alcuni di questi non l’hanno neppure aperta».

L’obiettivo è incassare il placet dei Comuni alla proposta di moratoria, lanciata nelle scorse settimane anche via internet: «Non ci fermiamo: a Trieste e Udine avvieremo nei prossimi giorni una petizione per fare in modo che la questione venga affrontata dai Consigli comunali», aggiunge il portavoce del comitato.

Che promuove a metà l’idea di costituire una commissione comunale sui rischi derivanti dall’esposizione alle onde elettromagnetiche generate dai ripetitori del 5G.

«Può essere una buona idea, a patto che non sia un consesso composto dai consiglieri comunali – indica Cervai –. Siano coinvolti esperti, tecnici esterni all’amministrazione municipale e membri dei comitati: noi siamo in contatto con scienziati che sostengono la pericolosità della nuova tecnologia e siamo disponibili a un confronto».

Al momento restano gli interrogativi. Nel mare magnum della Rete proliferano gruppi, discussioni, raccolte firme. Di certo, sugli effetti del 5G c’è pochino.

Il mondo scientifico non si è espresso in maniera definitiva: un punto a favore dei pro-quinta generazione l’ha fatto segnare l’Istituto superiore della sanità, che in una recente audizione alla Camera ha chiarito che le tante nuove antenne 5G, per le loro caratteristiche, sono un pericolo ancora più remoto per la salute rispetto alle attuali tecnologie. —


 

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