La storia di Maura: «Internet veloce “odia” Moruzzo»

Maura Mont Cavaler lavora come tutor al master in archiviazione digitale all’Università di Udine. Dal 2007, quando si è iscritta all’ateneo friulano, è iniziato un calvario digitale
Un computer in rete ANSA/STRINGER
Un computer in rete ANSA/STRINGER

Maura Mont Cavaler lavora come tutor al master in archiviazione digitale all’Università di Udine. Dal 2007, quando si è iscritta all’ateneo friulano, è iniziato un calvario digitale, una ricerca continua - novella rabdomante in un deserto tecnologico - delle agognate “tre tacche”, quelle che certificano sul display di smartphone e modem una connessione dati quantomeno stabile, se non proprio velocissima.



La storia della studentessa friulana è la plastica dimostrazione che il digital divide esiste, ed è tra noi, non risparmia questo avanzato angolo di Nordest. L’inchiesta di Noi Mv sulle magagne della banda larga in Friuli ci proietta a Moruzzo. «Qui non esiste nemmeno l’Adsl. È arrivato in municipio uno o due anni fa e se il cittadino lo vuole deve “tirarsi i cavi” da solo», racconta Maura. «La mia tragedia inizia quando, nel 2007, mi iscrivo all’Università di Udine. Le comunicazioni e le iscrizioni agli esami, nonché tutte le informazioni, vengono fornite via Internet. Quindi acquisto una chiavetta da installare sul pc, l’unico sistema possibile». Il gestore per cui Maura opta non garantisce copertura sufficiente: «Così la sera partivo in auto e andavo a Martignacco, di fronte a un supermercato, perché lì recuperavo addirittura tre tacche. Un sogno», scrive la tutor. Impossibile però andare avanti così. «Chiedo ad amici di prestarmi il cellulare, verifico che anche un’altra compagnia odia Moruzzo». Maura trova il gestore benevolo al centro collinare e «quando il tempo è buono, il 3G arriva addirittura a tre tacche. Ovviamente se piove e tira vento meglio leggere un libro. E il sabato pomeriggio arrivo a fatica a due tacche a causa delle linee occupate». Un’odissea, insomma. Eppure Maura era arrivata a Moruzzo da Auronzo di Cadore proprio perchè «pensavo di avere più opportunità e mi vedo costretta a ritornare in montagna per avere una connessione decente». A Udine le cose non migliorano. «Il mio è un continuo pellegrinaggio in cerca di aree dove poter collegare il computer alla corrente e dove ci sia rete. Il wi-fi non è una soluzione perché, trattando dati sensibili, devo usare una connessione sicura: il contratto che ho firmato mi impone, giustamente, di non recarmi negli internet point. Due settimane fa avevo un incontro via Skype, servizio che non riesco neppure a scaricare sul computer di casa, figuriamoci a usarlo». (chr.s.)
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto