Materie prime, tecnica e tempi di cottura: come fare una buona griglia con gli amici o alle feste

Laura Pigani

MONTEGNACCO. Il sole alto, quello che scalda. Un gruppo di amici. Poi la musica a ritmare la gioia di ritrovarsi.

Uno dei must della bella stagione sono le grigliate all’aperto.

E lo saranno ancora di più adesso, dopo mesi di distanza e di mancati incontri a causa dell’andamento della pandemia.

Ma quali sono i segreti per fare una buona griglia? Lo abbiamo chiesto a Mauro Zuliani, grigliatore con alle spalle una quasi ventennale esperienza nella Pro loco di Montegnacco, che si caratterizza per la tipica costa alla fiamma, specialità della Festa d’estate.

Alla base di una griglia che si rispetti naturalmente ci deve essere una buona materia prima: costa, salsiccia, pollo e roast beef devono essere di qualità, meglio se acquistati in macelleria per poter avere pezzi di grandi dimensioni.

«Quando vedo nei supermercati le costicine tagliate una a una o comunque di una pezzatura limitata rabbrividisco – argomenta sorridendo Zuliani –: più grande è la carne, più ne conserviamo dentro succhi e squisitezza.

Al mio macellaio di fiducia chiedo una costata intera e la cucino così, soltanto dopo la taglio per i commensali.

Più manteniamo la pezzatura grossa più acquisiamo qualità».

Dopo aver marinato o speziato le carni, «che devono avere un po’ di grasso per favorire la caramellatura» è importante conoscere bene i tempi di cottura, che variano a seconda del tipo di carne.

«Se vogliamo cottura al sangue, ad esempio per una fiorentina, è necessario sigillarla, cioè scottarla ad alta temperatura su tutti i lati per fare in modo che i succhi rimangano all’interno e possano mantenerla morbida durante la successiva cottura che non dovrà superare i 50-55 gradi interni.

Per la salsiccia bastano una ventina di minuti, mentre per pollo e costa, che vanno cotti prima a fiamma alta e poi più bassa, servono 45 minuti-un'ora e una temperatura maggiore».

Un buon grigliatore queste cose le apprende con l’esperienza.

Mauro, in Pro loco, ha avuto modo di “rubare” le tecniche del mestiere a chi lo faceva da più anni e con passione.

«Il pollo – indica – è meglio cucinarlo con l’osso, attraverso cui è possibile capire se la carne è cotta internamente.

Per quanto riguarda la salsiccia l’ideale è farla rosolare e quando si scola dal grasso si può servire: bisogna stare attenti a non farla asciugare troppo».

Quali sono i tipici errori che compiono i grigliatori con poca pratica?

«Sicuramente quello di girare spesso la carne: così facendo – spiega – si dà colore al pezzo, ma si rischia di bruciarlo. Basta farlo una volta, al massimo due.

Il pollo lo cuocio dalla parte della pelle, la costa dalla parte dell’osso».

Un’altra cosa che non si dovrebbe mai fare è «bucare o incidere la carne» e per questo si può «utilizzare una pinza per prendere il pezzo o girarlo».

Sul fronte dello “strumento”, invece, «la vera griglia è quella con la brace» commenta Marco Zuliani, anche se «per praticità» nelle sagre (ma non solo) si usano spesso «piastre in inox o piani in ghisa».

Al mondo della carbonella, inoltre, il grigliatore ammette di avvicinarsi adesso.

«Dà subito la botta di calore – riferisce –: ora ci sono i bricchetti di carbonella che consentono una temperatura più costante e permettono una durata più lunga del carbone».

Alla classica griglia si affianca il barbecue, esperienza tipicamente americana che sta prendendo piede anche da noi e si differenzia dalla prima per il fatto di «consentire diversi tipi di cottura».

Il guru della cottura Bbq è sicuramente Steven Raichlen, fondatore anche di una scuola, che ha messo nero su bianco i suoi trucchi nel volume “La Bibbia del Barbecue”.

Consigli utili si ritrovano anche nelle riviste di settore come per esempio Bbq Magazine, ma sono forniti anche da, solo per citarne alcuni, Braciamiancora, il primo e più importante network italiano dedicato alla cucina a fuoco vivo o da BBQ4All Magazine, magazine mensile italiano in versione cartacea. 

Bracerie Venete a Trieste

“Non la solita tagliata: ci piace stupire”

Alle Bracerie Venete servono classici tagli di manzo, come fiorentine o costate (cotte però esclusivamente al sangue), ma anche maiale, cinghiale, bufalo, rana, zebra, canguro, struzzo, renna norvegese... Il locale - dove sono a vista braci, cucina e addirittura tagli di carne – è fra i primi importatori in Italia di carni particolari e gioca con marinature, gradi di cottura o abbinamenti inediti. «Ci piace stupire, specie con degustazioni alla cieca che sbaragliano i pregiudizi», racconta il titolare Marius Mamir. Carnivoro appassionato, si è messo a sperimentare «per non mangiare sempre la solita tagliata». Da qui sono nate una serie di ricercatezze, a partire dall'originale selezione di sali proposti, sino a carni sottoposte a frollature di 200 giorni con bacche di vaniglia e irrorazioni di whisky. Nel ristorante può capitare di provare una cottura al fieno, bruciato sul momento in sala per profumare filetti già precedentemente affinati: «Un processo usuale per i formaggi molto meno per la carne, spiega Marius. Così come di trovare addirittura carni di Kobe, il pregiato e costoso manzo giapponese, esposte crude con un cartellino che indica pesi e prezzi, come in gioielleria. —

Antica Trattoria Ferreghini, Dolegna

Fassona e petto d’anatra sulle braci di legna

L'Antica Trattoria Ferreghini, dopo il trasloco dal locale storico di Mernicco a Dolegna, ha mantenuto identità e buone abitudini.

Fra queste: paste e dolci fatti in casa, un certo estro nella preparazione dei primi, vini di piccole aziende locali e, da ormai 150 anni, gestione familiare.

«Mia moglie Daniela è la titolare, mia figlia Lisa fa da cameriera e gestisce l'azienda agricola che include l'allevamento di suini, io sono un semplice grigliatore», scherza con modestia Roberto Ferreghini.

In inverno il patron cuoce le carni sul fogolar interno, mentre d'estate passa alla griglia esterna, sempre a vista e rigorosamente su braci di legna del Collio, come acacia, carpino nero o faggio.

Prepara soprattutto manzo di provenienza italiana (in rari casi irlandese): dalla regionale pezzata rossa alla chianina toscana, alla fassona piemontese, declinate in cuberoll, fiorentine, tagliate, picanha alla brace.

Ma le opzioni per le carni grigliate spaziano dal petto d'anatra a varie parti di faraona.

In attesa che a tavola tornino presto a farla da padroni anche i maiali di casa, sotto forma per esempio di marcundele, le tipiche salsicce friulane a base di interiora ottime alla griglia.

Da Irma, San Vito di Fagagna

La chianina è la regina a cottura molto lenta

In quel di Ruscletto arrivano pochi clienti per caso e molti per la fama del locale, accolti solitamente da bollicine e ricotta di Podolica.

Alberto Genero, il proprietario, è un cultore della Chianina e nel suo ristorante di famiglia la carne è una religione.

Si approvvigiona da pastori certificati dal consorzio Igp del Casentino e del Monte Calvano, da Irma non esistono tagli di bovini commerciali.

Unica eccezione, in caso di richiesta di pezzature importanti, sono le fiorentine che arrivano da due macellerie locali di fiducia.

«Sono un veterinario mancato - dice Alberto – La mia filosofia è lavorare linee di sangue importanti del vitellone bianco. Pochissimi capi all'anno, altamente selezionati, e arrivano direttamente tagli di mezzene».

Durante le serate conviviali si degustano infatti tagli inusuali, non solo quelli nobili, comunque sempre disponibili. Il menù è parlato e le cotture lente - a vista, su braci indirette di legna di quercia, leccio, ulivo o ciliegio - danno il tempo di raccontare ogni piatto con dovizia e passione.

Vietati sale e pepe, solo un filo d'olio che come i rossi protagonisti nell'ampia e interessante carta dei vini, arriva dalla Toscana. —

Al Fogolar di Solimbergo 

Costicine di agnello e fiorentine di manzo

Al Fogolar di Solimbergo si respira l'aria delle osterie di paese di una volta.

Accogliente e informale, questo locale a conduzione familiare mantiene tradizioni, arredi storici e uno stile di cucina semplice e stagionale.

Travi a vista dalle quali pendono le pentole in rame usate dalla nonna, pavimento in seminato alla veneziana e caminetto col fuoco che scoppietta sotto alla griglia, dove cuociono verdure e carni per la gioia dei commensali.

Si va dalle costate e fiorentine di manzo alle braciole e salsicce di maiale, dal pollo al tacchino, preparato allo spiedo, a fuoco lento.

Fatta eccezione per le costicine di agnello, il locale propone solo carni italiane acquistate da macellerie della zona.

«Da noi la grande distribuzione entra solo per i gelati» sottolinea ridendo il titolare Guido Mander, che va nei boschi vicini a fare personalmente anche la legna che arde nel caminetto.

«In 130 anni di ristorazione, qualcosina speriamo di aver imparato e con i nostri macellai ci confrontiamo su tagli e frollatura - spiega Guido - in modo da esaltare il sapore della carne che, quando è buona, deve arrivare diretto e identificabile, senza salse, limone o altri coprenti». 

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