Comunali, Bertossi tra alleanze e scelte di partito: «L’errore del centrodestra? Candidare Fontanini nel 2018 e averlo voluto riproporre»

L’ex consigliere d’opposizione e leader di Prima Udine, Enrico Bertossi: «Non mi sono iscritto a 17 anni nella Dc per finire nelle mani di Schlein, Fratoianni e Grillo»

Renato D'Argenio
Enrico Bertossi
Enrico Bertossi

Enrico Bertossi che idea si è fatto del risultato elettorale?

«Sicuramente la città ha votato contro Pietro Fontanini e hanno vinto Ferruccio Saro, Federico Pirone e gli oligarchi del Pd che hanno imposto Alberto Felice De Toni, senza alcun processo democratico, facendo la guerra ad Alessandro Venanzi. Immagino che non ci sia nessuno che oggi possa dire che Venanzi, al posto di De Toni, avrebbe perso il ballottaggio. Anzi».
 

Forse Venanzi non ci sarebbe arrivato al ballottaggio?

«Sentendo i commenti della gente avrebbe preso molti più voti di De Toni e forse anche di Fontanini già al primo turno».


Perché il veto su Venanzi?

«A loro dire non aveva il carisma per fare il sindaco, ma in realtà era troppo moderato per gli equilibri del centrosinistra e gli appetiti di qualcuno. Mi chiedo, se riuscirà il progetto di De Toni di andare in Regione tra cinque anni e candidare lui in Comune».


E che risposta si da?

«Cinque anni sono lunghi ma il precedente di Honsell, che aveva lo stesso progetto e invece fu costretto a ricandidarsi a sindaco, va tenuto in considerazione».


Lei dopo anni di opposizione dura a Fontanini ha deciso di sostenere la sua candidatura?

«Abbiamo fatto un’opposizione dura quando serviva e costruttiva sulle cose fatte bene. Ci siamo differenziati in questo da quella ideologica del centrosinistra, con il quale spesso siamo stati in disaccordo, in particolare sui temi della sicurezza e della esasperazione di alcune tematiche che poco hanno a che fare con la vita amministrativa di un comune. Prima Udine, cinque anni fa, al ballottaggio, è rimasta alla finestra e non abbiamo mai aderito a uno schieramento di centrosinistra, anzi. I rapporti con qualcuno dell’opposizione erano e sono pessimi».

Ma, prima del veto, stava per chiudere un accordo con Venanzi.

«Con Venanzi eravamo in sintonia sulla necessità di fare le primarie per cercare, tra la gente, una larga coalizione civica senza riferimenti a schieramenti politici o partitici con un programma vincolante. Nonostante un documento firmato la scorsa estate da molti che, poi, lo hanno rinnegato non abbiamo visto nulla di tutto ciò e lui si è tirato indietro».


E quindi?

«E quindi tutti liberi. Non mi sono iscritto a 17 anni alla Democrazia Cristiana per finire nelle mani della Schlein, di Fratoianni e Beppe Grillo, mi dispiace. In Regione ho votato convintamente per Massimiliano Fedriga e in Comune non potevo certo appoggiare una coalizione molto sbilanciata a sinistra come quella di De Toni. I miei riferimenti politici e culturali sono altri e dovendo scegliere alla fine ho votato per non isolare la città dal resto della regione e d’Italia, dando fiducia allo sforzo di modernità e di apertura ai moderati che sta facendo Giorgia Meloni».


Udine isolata?

«Cividale ha eletto tre consiglieri regionali di maggioranza. Udine nessuno. Non abbiamo udinesi al governo e in giunta regionale, nessun parlamentare di maggioranza risiede a Udine. Già contavamo poco, con un sindaco su cui la Schlein e la Serracchiani hanno già piantato la bandierina della sinistra conteremo ancora meno. E non sarà una ritorsione, ma una conseguenza naturale di un vasto mondo di sindaci, consiglieri regionali e parlamentari che difenderanno i loro territori e non Udine, come è sempre stato in tutti gli schieramenti da quando esiste la politica».


Cos’è accaduto nel centrodestra?

«Il primo errore, gravissimo, è stato insistere nel 2018 con la candidatura di Fontanini dopo che avevo fatto l’accordo con Riccardi e Forza Italia per essere io il candidato. Avremmo vinto al primo turno, mentre Fontanini, in una città che non ne poteva più del decennio di Honsell e della sua giunta, rischiò di perdere al ballottaggio».


Come fa ad essere sicuro che avrebbe vinto al primo turno?

«Pur in presenza di sette candidati la somma dei voti miei e di Fontanini superava il 49%. Il timore che passassi al primo turno serpeggiava nel centrosinistra. Sicuri non si può essere di nulla, ma sarebbe stato un bel progetto».


Quindi oggi, più di allora, un voto contro Fontanini?

«Sì. In questi cinque anni non è mai entrato in sintonia con la città, commettendo errori che hanno oscurato anche le tante cose realizzate e non accettando mai il confronto e il dialogo. La città ha votato contro di lui e contro la sua giunta, i numeri parlano chiaro. Rispetto a Fedriga, che ha preso il 55,54% in città, Fontanini ha perso il 9,29% con 4.047 voti in meno. A parte Loris Michelini e Giovanni Barillari, che hanno bacini elettorali molto personali, gli altri otto assessori hanno raccolto tutti assieme 1.081 preferenze, come il più votato del Pd da solo. Tanta gente, che al primo turno ha votato liste e candidati del centrodestra, al ballottaggio si è rifiutata di andare a votare o ha votato De Toni contro Fontanini».


Cosa farà adesso?

«Non mi sono candidato perché non c’era nessuno spazio politico per andare da solo e nemmeno per portare la lista di Prima Udine in questa o quella coalizione. Si può voler bene alla città anche senza fare il consigliere comunale».

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