Alberto Parigi, il “quasi sindaco” di Pordenone: «Sarò a pieni poteri, pronto al voto»
Il vice prenderà il posto di Alessandro Ciriani, eletto all’Europarlamento: «La politica per me? Un destino». A metà luglio ci sarà il passaggio di consegne e l’investitura ufficiale
PORDENONE. Quando Alessandro Ciriani era presidente della Provincia, lui era il suo portavoce e addetto stampa. Ruolo che ha mantenuto anche nel primo mandato Ciriani in municipio. Ma per Alberto Parigi, figlio del leader della destra pordenonese Gastone, la politica è molto più che un caso. «È un destino, non trovo altre definizioni».
Assessore alla cultura di Pordenone, diventato vicesindaco dopo l’elezione di Emanuele Loperfido alla Camera dei deputati, Parigi da qualche giorno è il «quasi sindaco» di Pordenone, dopo l’elezione di Alessandro Ciriani all’Europarlamento.
A metà luglio ci sarà il passaggio di consegne (con le dimissioni di Ciriani e il suo insediamento a Bruxelles) e l’investitura ufficiale. Per cui avverte: «Sarò un sindaco con pieni poteri».
Parigi si sente pronto a questa nuova sfida?
«In realtà è da quando il sindaco ha annunciato la propria candidatura che ho iniziato ad affiancarlo. Lui ha sempre seguito tutto, ma io sono rimasto a presidiare in municipio e infatti non ho seguito la campagna elettorale».
Si aspettava un risultato così netto alle europee?
«Mi aspettavo un esito importante, questo è stato straordinario ed è il frutto di una credibilità politica e personale che Ciriani ha costruito nel tempo con serietà e lavoro. Mi piace evidenziare anche un’altra cosa: c’è stata la presenza sui social, ma è stata soprattutto una campagna elettorale fatta alla vecchia maniera, incontrando le persone».
Lei che sindaco sarà?
«Voglio essere un sindaco concreto e determinato. Scherzando l’altra sera ho detto che non voglio essere chiamato vicario, ma è la realtà. Intendo assumere tutte le responsabilità del ruolo, nel pieno delle funzioni. Sarò un sindaco vero, con pieni poteri».
Amici fin da giovanissimi. Avete costruito un percorso politico assieme, che vi ha visto complementari. Che cosa ha Ciriani che lei non ha e che cosa ha lei che Ciriani non ha?
«Lui ha sicuramente una rete di relazioni importante, che ha coltivato nel tempo e che lo ha reso il punto di riferimento che è oggi. Sul resto devo dire che tra noi c’è assoluta sintonia, seppur con stile e personalità diverse. Dal canto mio credo di avere una certa creatività, che lui stesso ha riconosciuto nel tempo, e un’esperienza nella comunicazione di cui ho fatto tesoro».
All’inizio, quando si è cominciato a prospettare una sua possibile candidatura a sindaco non non voleva sapere. Oggi mostra determinazione ed è pronto anche ad affrontare la sfida del voto. Cosa è cambiato?
«Devo dire che all’inizio mi ero convinto del ruolo di assessore ed è inutile nascondere che fare il sindaco è un impegno, anche in termini di responsabilità, ben più gravoso. Diciamo che sono una persona che ha bisogno di metabolizzare le decisioni, ma poi quando scelgo vado dritto per la mia strada».
Lei sembra solitario e invece...?
«Sembro solitario e invece considero il lavoro in team fondamentale e quando parlo di gruppo, di squadra, non mi riferisco solo alle figure politiche, ma anche ai tecnici e dirigenti. La buona amministrazione ha bisogno di competenza e nessun amministratore è un tuttologo».
Il sindaco Ciriani dice che in questo mandato dovrete portare a casa quanto già programmato, che non servono nuovi obiettivi. Quale è la sua agenda?
«Sono pienamente d’accordo con Ciriani anche perché c’è già molto da fare. Una prima partita è senz’altro quella dei cantieri e dei 180 milioni di euro di investimenti da mettere a terra. La seconda, non meno importante è quella dello sviluppo dell’Università e dell’ampliamento al Valle center. È una partita più complessa di quello che può sembrare perché si tratta di costruire, e lo stiamo facendo, l’accordo di programma con la Regione e con gli Atenei. I tempi a disposizione sono stretti. Terza, non per importanza, è la corsa alla candidatura di Pordenone capitale della cultura, che mi vede impegnato in prima persona e che mi sta appassionando perché è un’occasione storica per creare un piano di sviluppo della città e far uscire Pordenone dal cono d’ombra».
Come si sta muovendo in vista della prima scadenza di luglio?
«In questo periodo sto facendo tantissimi incontri per cercare partner che possano sostenere il nostro progetto anche economicamente e devo dire che i riscontri in questa prima fase sono positivi. C’è interesse nei confronti di Pordenone».
A fine mese poi la fase di partecipazione.
«Sì a breve la presenteremo fornendo i dettagli operativi. Non saranno giornate solo per trasmettere la nostra idea di fondo, su cui si baserà il dossier: verranno convocati veri e propri tavoli di lavoro per scegliere i progetti operativi da inserire nel dossier, per cui sarà una fase cruciale della candidatura».
Altri obiettivi?
«Credo che in questi anni la città sia stata davvero rivoluzionata per cui non servono altri grandi progetti, bisognerà semmai puntare sulla cura di quello che si è realizzato, sulle manutenzioni, sul preservare un alto livello di qualità della vita».
Cosa la rende più orgoglioso di questi anni da amministratore?
«Se dovessi dire cosa rappresenta la cifra dell’amministrazione di cui faccio parte direi senz’altro il programma massiccio di rigenerazione delle nostre scuole, che mostra un’attenzione importante alle famiglie e ai bambini. Non so in quante città si rifaccia quasi in contemporanea una scuola media e una scuola primaria dello stesso plesso, mi riferisco alla Lozer e alla Beato Odorico. E poi la scommessa sulle politiche giovanili, che sta premiando. Le racconto una cosa che mi ha regalato una grande soddisfazione».
Prego...
«Quando siamo stati a inaugurare il campetto da calcio di via Pontinia, i ragazzi, gli stessi che spesso vengono etichettati come irrispettosi e maleducati, si sono avvicinati a me e al sindaco e ci hanno dato la mano ringraziandoci. Credo che questo valga più di molte parole».
Lei viene da una famiglia in cui la politica si respirava. Cosa è per lei la politica?
«Oggi devo dire un destino, che ho scelto fin da piccolo».
Si ricorda il suo primo interesse?
«So che mi ha sempre affascinato la destra sociale, le tematiche che portava avanti. Quelli sono i miei riferimenti».
Cosa le direbbero i suoi genitori oggi sapendola sindaco?
«Mia madre mi direbbe “Bravo Albertino, te lo sei meritato”. Mio padre invece: “Non ci credo”. Ma non per mancanza di fiducia, solo perchè sarebbe incredulo per i risultati ottenuti dalla destra».
E suo zio Alvaro Cardin?
«Ha fatto i complimenti sia ad Alessandro Ciriani che a me. Tengo stretto il suo consiglio, quando sono stato eletto: “Ricordati di stare tra la gente”».
Fratelli d’Italia non è l’unico partito al governo della città. Cosa si sente di dire agli alleati, Forza Italia e Lega, che avranno legittime aspettative?
«Che il percorso unitario e di lealtà, avviato da Alessandro Ciriani, non può che continuare».
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