Meloni e Schlein escono rafforzate entrambe allo scontro diretto
Giorgia Meloni ce l’ha fatta, Elly Schlein pure. Il primo dato di queste elezioni è che la polarizzazione tra le due leader, lo scontro diretto, ha fatto vincere entrambe, uscite più forti da queste elezioni europee: il partito guidato dalla premier si conferma prima forza in Italia, ben sopra il 26 per cento; la leader dem porta il suo partito ben sopra il 19,1 per cento delle scorse politiche del 2022, sfiorando pare il 24 per cento. Quindi, dando per buoni i dati ancora provvisori di questa notte, sembra che la premier abbia superato il test di medio termine del suo governo. Anche se si è accorciata la distanza di sicurezza dal partito avverso, il Pd, ed è l’unico capo di un governo Ue ad aver vinto le elezioni.
La leader del Pd guida il più forte partito del socialismo europeo – a pari merito con il Psoe di Sanchez – e lo farà pesare nel Pse. Inoltre, non solo ha scampato il flop evocato mesi fa dai suoi detrattori, rafforzandosi al suo interno e mettendo a tacere le malelingue: ma a seconda di quali saranno i dati definitivi, potrebbe nel caso migliore doppiare il suo rivale in campo largo, alias Giuseppe Conte, il vero sconfitto di queste elezioni. Che ora dovrà accettare di cederle lo scettro della leadership di un’eventuale coalizione anti-destre per le prossime politiche. Non a caso al secondo piano della sede del Pd si accalcano i dirigenti, da Stefano Bonaccini al sindaco di Roma Gualtieri, a Nicola Zingaretti, segno di un clima euforico nel partito, a dispetto della vittoria delle destre in tutta Europa.
Per Meloni dunque tenere e oltrepassare quel 26 per cento di due anni fa è un successo: la serie storica dei governi della seconda Repubblica dal 1994 mostra che chi governa poi perde le elezioni seguenti, quindi questo dato di medio termine non può che essere di conforto per la premier. Andranno contate le preferenze per vedere esultare la premier, forse esulterà meno Elly Schlein, minacciata al suo interno dal consenso di vari pezzi grossi del Pd candidati come lei e forti del traino dei territori.
Il secondo viatico per Meloni è però l’affermazione delle destre in tutta Europa. Detto ciò, il viale della vittoria è lastricato di chiodi: il raffronto tra la somma algebrica del centrodestra e quella dei partiti di opposizione non è favorevole. Dalle prime stime, tutte da verificare con i dati finali, sembra che Pd, 5 stelle, Verdi-Sinistra, Renzi, Calenda, Bonino e liste varie di sinistra, formerebbero un blocco più ampio di quello dei partiti i centrodestra. Altro dato: calcolando che l’astensione porta via circa la metà dei votanti, si può dire che nessuno dei contendenti sia riuscito a scalfire o a indebolire il partito del non voto, visto che la partecipazione è stata inferiore alle scorse tornate, sia politiche che europee. E questa incapacità di far uscire la gente da casa per andare alle urne, è il fattore di maggiore debolezza che farà riflettere gli strateghi delle varie fazioni.
Per restare ancora nel campo della maggioranza, la Lega sconta lo choc del voto per Forza Italia di Umberto Bossi e se verrà confermato il sorpasso degli azzurri sul Carroccio, si aprirà “il fattore S. ” ovvero capire cosa farà il Capitano: la carta Vannacci potrebbe non aver fatto schiodare il partito da quel magro 8, 8 per cento delle politiche, creando forse una reazione avversa nella pancia dell’elettorato più tradizionale, specie nel nord est, dove i colonnelli più rappresentativi del Carroccio, vedi Luca Zaia, non hanno fatto mistero di apprezzare poco la recluta paracadutata dall’alto sulle loro teste. A questo punto Antonio Tajani può vantare di aver salvato Forza Italia dall’agonia, anzi. E pur avendo escluso questa intenzione prima del voto, potrebbe andare a battere cassa sul versante dei posti di governo e sottogoverno con la premier, per riequilibrare i pesi della maggioranza, come usa dire dopo i test elettorali.
Sul versante delle opposizioni, l’approdo in zona salvezza è inseguito dagli Stati Uniti d‘Europa e da Carlo Calenda, senza certezze. La polarizzazione uscita da queste europee potrebbe aver prodotto un effetto domino nel frastagliato panorama italiano, dove i moderati di Forza Italia a destra godono di buona salute e occupano uno spazio politico stabile, lasciandone ben poco ai cugini centristi di area progressista.
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