Hindley, capolavoro sulla Marmolada

L’australiano riscrive la geografia del Giro e si prende la rosa. Stacca Carapaz: ora ha 1’25” di vantaggio mettendosi al sicuro prima della crono finale

Antonio Simeoli
Jai Hindley attacca sulla Marmolada
Jai Hindley attacca sulla Marmolada

MALGA CIAPELA. Tremilaquattrocentotredici km. Ad aspettare. Tremilaquattrocentochilometri ad accontentarsi di riso in bianco e petto di pollo. Ai ferri, con al massimo un filo d’olio. Tre settimane a sentir dire “beh, quando arriva l’impresa in questo Giro?”, “che noia questo Giro”, “dove sono i campioni in questo Giro?”. Ad accontentarsi d’un guizzo di Mathieu Van der Poel, d’una volata di Arnaud Demare, a disquisire sul tappo di Prosecco finito nell’occhio di Biniam Girmay, a vedere una tappa di montagna (Blockhaus) finita con una volata.

Carapaz arriva al traguardo consolato da Formolo
Carapaz arriva al traguardo consolato da Formolo

Poi arriva la Marmolada e ti regala 15 minuti di grande ciclismo. Jai Hindley, 26 anni di Perth, qualche mese in Abruzzo da under 23, uno che due anni fa aveva preso la maglia rosa sul Sestriere, l’aveva indossata solo nella crono di Milano perdendo il Giro, si è ripreso tutto. Con gli interessi. Attacco, forte, ripetuto. Gioco di squadra perfetto con Lennard Kamna, mandato dal team (sontuoso il direttore sportivo friulano Enrico Gasparotto, al debutto nel giro che conta) avanti per la missione: prendersi il Giro. E così è stato. Bello sia accaduto più o meno nel punto in cui nel 1998 Marco Pantani squassò il Giro d’Italia, l’infinito rettilineo prima di Capanna Bill, poco prima dello striscione dei 3 km dall’arrivo.
Davanti un gruppo di fuggitivi si gioca la tappa, con Alessandro Covi (Uae), 23enne piemontese, 8 giorni più giovane di Tadej Pogacar, e una delle speranze del ciclismo italiano, dietro la Ineos rompe gli indugi. Sul quel rettilineo infinito Richard Carapaz mostra i muscoli. Il russo Pavel Sivakov si sfinisce. Cede. Hindley attacca. Rasoiata. L’ecuadoriano regge, ma dà la sensazione di fare fatica. Vi ricordate Montecampione, Giro 1998, sempre lui, Marco, per il quale in quei cruciali metri di strada ieri c’era una concentrazione di striscioni incredibile anche ieri grazie a tifosi entusiasti e corretti e che hanno schivato l’attesa pioggia, che fa di tutto per staccare Pavel Tonkov?
Hindley ci crede, vola. Trova per strada, e qui c’è il capolavoro tattico della Bora, Kamna che dà il colpo di grazia alle gambe di Carapaz. Il canguro va, a 3 km dall’arrivo. Sembra quasi sorridere, agile e potente allo stesso modo. Ha il 34 davanti, rapporto agile che, a beneficio di muscoli e battiti, gli consente anche velocità con quelle pendenze. «Rimasì distrutto due anni fa quando presi e persi la maglia a Milano in 24 ore. Ora farò di tutto per tenerla domenica, ma manca ancora la cronometro», dirà poi all’arrivo.

L'australiano in rosa sul podio
L'australiano in rosa sul podio

Ecco cosa aveva in testa quando volava verso il Passo Fedaia. Dietro Carapaz affondava, non riuscendo a staccare Kamna. Anzi, il terzo del podio, Mikel Landa (Bahrain) che era stato il primo a cedere, ha messo la freccia sul sudamericano provando addirittura ad attaccare il secondo gradino del podio. Ce l’ha quasi fatta.
Hindley, infatti, ha staccato Carapaz di 1’28”, avrà quindi un tesoretto ricchissimo di 1’27” nei 17 chilometri dell’ultima cronometro oggi a Verona.
Insomma, ha vinto il Giro d’Italia, primo australiano della storia. «E se l’è meritato – ammette il direttore sportivo della Ineos, Matteo Tosatto – nel 2020 aveva quasi vinto il Giro, non è uno sconosciuto, ha vinto un gran bel corridore. Avevamo indirizzato la corsa alla perfezione portando Richard a giocarsi tutto all’ultima salita». Sul suo terreno, attorno a quota duemila. Invece le sue gambe hanno “lampeggiato”. Domenica 29 maggio l’ecuadoriano compie 29 anni: si consolerà con l’affetto della famiglia, che l’ha raggiunto da tre giorni, ma dovrà fare attenzione: ha 26” di vantaggio su Landa. È vero che va più forte del rivale contro il tempo, ma la botta presa “a casa sua”, sulle sue montagne è stata dura.

«È la maglia più bella questa – ha detto Hindley con la maglia rosa addosso – abbiamo rispettato il programma con il team, straordinario, e ce l’abbiamo fatta: ora andiamo a finire il lavoro». Finale. Con brivido. Covi si gode la giornata di gloria e, speriamo, possa correre da protagonista senza fare solo il gregario o di Joao Almeida o dello stesso re sloveno, Vincenzo Nibali (Astana) con gambe e orgoglio chiude il cerchio della sua carriera conservando il quarto posto. Il giovane Juan Pablo Lopez (Treek), dieci giorni in maglia rosa, lo aspetta sul traguardo per abbracciarlo. Bellissimo. Vale la pena aspettare tutto questo no?

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