Sull’Aprica per un pugno di secondi
Hindley strappa a Carapaz l’abbuino per il terzo posto: ora è a 3” dalla maglia rosa. Tappa al ceco Hirt
APRICA. Tappone del Mortirolo e dell’Aprica, attacchi, minuti di distacco, Giro ribaltato. Discese, pianure, salite, cadute, pure pioggia, che ha fatto capolino e potrebbe tornare da qui a domenica sulle dolomiti.
Macché: sull’Aprica, dove Pantani fece i numeri nel 1994, la vera notizia è una volata. Per i 4 secondi di abbuono del terzo di tappa hanno sprintato, con tanto di colpo di reni finale, la maglia rosa Richard Carapaz (Ineos) e Jai Hindley (Bora). L’ha spuntata l’australiano dopo cinquemila metri di dislivello e ora il distacco da Carapaz è ridotto a solo tre secondi.
Pazzesco. E non è finita. Con loro c’era Mikel Landa, la cui Bahrain ha fatto fuoco e fiamme sulla salita finale per scremare il gruppo dei migliori e preparare il terreno a un suo attacco. Il basco resta a 59” dalla maglia rosa, ma forse perde un’occasione buona per guadagnare secondi. Insomma il trio non s’è scomposto.
E poi no, non è ancora finita. Perché a 44” secondi ora c’è il resiliente Joao Almeida (Uae). Il 23enne portoghese, del poker per la maglia rosa è quello che fa più fatica in salita, ma va più forte degli altri a cronometro, e domenica a Verona il Giro finirà proprio con una crono di 17 km. Non tantissimi, ma nemmeno pochi.
Ha perso terreno dal terzetto in salita, ma se non ci fosse stata la pioggia e rischiare oltre il dovuto nella discesa verso l’Aprica sarebbe stato da folli, forse avrebbe potuto anche accusare meno dei 14 secondi di ritardo. Attenzione, se il terzetto, non lo staccherà per loro il finale potrebbe essere indigesto. Per questo si giravano continuamente ieri sulle dure rampe del Santa Cristina per vedere di quanto fosse staccato.
«I miei rivali sono fortissimi, sono a un minuto dai migliori e sono fiducioso», ha detto tagliato il traguardo. No Joao, sei a 44”, che è ben meglio se la corsa si deciderà all’Arena a colpi di lancette.
Finita? Per la lotta alla maglia rosa sì: Vincenzo Nibali, sulle rampe più dure del Santa Cristina, dopo una tappa con anche il Mortirolo e altre due asperità, ha ceduto solo 30”. Attenzione, non è crollato. Il 37enne dell’Astana è ora quinto a 3’40” dalla rosa, è primo degli italiani perché Domenico Pozzovivo (Intermarchè) è caduto nella discesa del Mortirolo, ha recuperato, ma poi ha pagato. Eccola la tappa dell’Aprica. Importante, ma non risolutiva e questo aumenta esponenzialmente la spettacolarità delle prossime cinque tappe del Giro, quattro delle quali da circoletto rosso.
La maglia rosa? «Giornata dura, peccato per quei 4” persi allo sprint». Carapaz sta bene, ma la sensazione è che non si aspettasse avversari così forti a questo punto della corsa. E Hindley, in particolare, sembra avere ottime gambe in salita e, tra l’altro, sa cosa vuol dire giocarsi un Giro all’ultima tappa sul filo dei secondi. Accadde nel 2020 contro Tao Geoghegan Hart, a occhio più forte a cronometro del compagno all’Ineos Carapaz.
Ma andiamoci piano, già mercoledì 25 maggio sulla strada per Lavarone succederà qualcosa. Perché l’ultima salita, il Menador come viene chiamata in Trentino l’ascesa sopra il Lago di Caldonazzo, ha pendenze a doppia cifra.
Chiusura con omaggio, obbligato, al 31enne ceco dell’Intermarché, Jan Hirt. Reduce dall’affollata fuga del mattino, caparbio per come ha stroncato la resistenza di compagni di avventura come l’intramontabile Alejandro Valverde (Movistar) Lennard Kamna (Bora) e l’olandese Thymen Arensman (Dsm) e felice. No, al settimo cielo. E complimenti a lui per l’ottimo italiano.
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