Il cuore e le gambe di Andrea “Joker” Vendrame, conquista la tappa e all’arrivo piange: «Ho fatto l’impresa»

Il corridore è di Santa Lucia di Piave arriva stravolto a un passo dal Piave. Il 24 maggio, non una data qualsiasi: “Mi chiamano così perchè sono un po’ matto”

Antonio Simeoli

È di Santa Lucia di Piave. Laggiù il fiume scorre a bracci e intravede la via del mare. Attorno l’oro di quelle parti che adesso si chiama Prosecco. Con quello Andrea Vendrame ha brindato, inebriato di gioia, a un passo dalle sorgenti del Piave a Sappada, dopo aver vinto una tappa del Giro d’Italia da sogno. Il 24 maggio, non una data qualsiasi. Cosa volere di più?

Un veneto re nel paese che al Veneto ha girato le spalle 5 anni fa per scegliere il Friuli Venezia Giulia. Si sentivano ai confini del’impero quassù, hanno scelto il vicino di casa al quale erano legati da più di qualche capitolo di storia.

Un veneto che prima del Romandia andava forte, eccome se andava forte, perchè l’ex Under 23 alla Zalf Fior ha talento da vendere (« fosse solo più continuo», dice di lui il ct dell’Italbici, Daniele Bennati). Sognava di correre un Giro da protagonista, con diverse tappe segnate col circoletto rosso, ma si è ammalato.

E se ti capita in una corsa di tre settimane hai tre scelte: andarsene a casa, vivacchiare, aspettare il momento buono. Lui, Andrea da Santa Lucia di Piave, ha scelto la busta numero tre.

Il Friuli e Milan come simbolo

A un certo punto l’elicottero della tv ha inquadrato il gruppo della maglia rosa e di quella ciclamino, Pogacar e Milan, i due simboli di questo Giro, attraversare il ponte di Pinzano con la magnificenza del Tagliamento dietro.

Poi ha indugiato sul lago di Cornino, prima di soffermarsi sul cippo di Peonis, dove Ottavio Bottecchia, primo italiano a vincere il Tour cent’anni fa il 3 giugno 1927 fu trovato agonizzante.

E poi Avasinis. Qui va aperta una parentesi: il paesino del lampone e del mirtillo si trasforma in Buja. Tutti aspettano Milan, tutti aspettano che si fermi a salutare la sua torcida. Ma filano via a 50 all’ora in gruppo e Jonny passa, alza il braccio. Mortificato. Sono le corse. Succede. Poi le durissime rampe del Passo Duron, Sella Valcalda e Ravascletto, tra le icone Zoncolan e Crostis sotto la pioggia. Fino a Sappada con un arrivo bagnato ma spettacolare.

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È la bellezza del Giro d’Italia, signori, e da una ventina d’anni, quando si colora di rosa, il Friuli riesce a offrire la parte migliore di se.

Vero, gli ultimi fuochi d’artificio del Giro d’Italia Tadej Pogacar (Uae), la maglia rosa, li ha lasciati per oggi, per il doppio assalto al Monte Grappa, cima che sarà invasa dai tifosi, moltissimi dei quali sloveni.

Vero, la tappa di Sappada se la sono giocata i fuggitivi di giornata, con il gruppo dei migliori arrivato a oltre dieci minuti dopo. Ma prima in pianura, poi in collina, quindi in Carnia e nella conca sappadina, dal 2018 entrata in Friuli Venezia Giulia, si è respirata a pieni polmoni aria di grande ciclismo e sport.

E di tifosi dalla partenza di Mortegliano, affollata come mai visto anche per il valore simbolico della stessa, se ne sono visti a valanga. 

Le bandiere? Pogacar e il corridore di casa Jonathan Milan, la maglia ciclamino di Buja, sono i simboli di questo Giro d’Italia, l’uno dominatore ovunque, l’altro primo o secondo per sei volte negli sprint e il “vessillometro” si è adeguato.

La Mortegliano-Sappada è stata la tappa della bandiera blu con l’aquila gialla. Quella friulana. Tanto che Alessandro De Marchi (Jayco) uno che il Giro lo frequenta dal 2011, come accaduto altre volte col Giro a casa sua, la bandiera non solo se l’è portata in tasca ma ha pure cercato un colpo dei suoi da lontano.

Tantissimi i tifosi di Pogacar

E anche quella del vessillo sloveno. Tantissimi i tifosi di Pogacar arrivati dalla vicina repubblica, poco prima di Sappada addirittura due tornanti sono stati occupati dai supporters di Re Taddeo.

Che ha dominato, domina e dominerà. La tv lo inquadra e lui sorride. Fora, dopo Cedarchis sulla strada per Paularo e la butta sul ridere. Amministra prima di cercare l’ultima impresa.

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Dimostra classe da vendere e fair-play quando, poco prima del traguardo, col gruppo di big a un quarto d’ora dai fuggitivi, ordina a tutti di aspettare Geraint Thomas (Ineos), il terzo della generale, che era scivolato a terra.

Intanto davanti il gruppo dei 10 fuggitivi prova a scremarlo, con veemenza, Julian Alaphilippe (Saudal). Con lui Jhonatan Narváez (Ineos), l’unica maglia rosa diversa dal Re in questo Giro (complimenti), Georg Steinhauser (EF) il dominatore del Brocon, Pelayo Sánchez (Movistar) re a Rapolano Terme, Quinten Hermans (Alpecin) e il trevigiano Andrea Vendrame (Decathlon), che prima del Giro andava forte, durante si è ammalato e cerca di rimediare in coda.

La fuga di Vendrame

Si prendono e si lasciano i fuggitivi, come due fidanzatini indecisi. A occhio Alaphilippe, Steinhauser e Narzaez sembrano aver più talento, ma uno come Vendrame è duro da staccare.

Infatti il 29enne coneglianese sente profumo di impresa. E ricorda un vecchio adagio dello sport: se lavori duro prima o poi la sfortuna cambia strada. Nel 2019 a San Martino di Castrozza un salto di catena gli impedì di giocarsi la vittoria con Chaves, nella discesa di Sella Valcalda ha provato ad andarsene.

E ha preso il momento giusto andando a costruire un capolavoro, come aveva fatto a Bagno di Romagna nel 2021.

Steinhauser e Pelaio Sanchez dietro se ne sono accorti in ritardo e Vendrame ha aggredito come sa fare quando è in giornata le dure rampe della Cleva verso Cima Sappada.

Che bella vittoria, la quinta per un italiano in questo Giro, dopo il tris di Milan, arrivato con il gruppo dei velocisti e acclamato dalla folla, e la super crono di Ganna, ecco Vendrame. È di Santa Lucia di Piave, arriva stravolto a un passo dal Piave. Il 24 maggio, non una data qualsiasi.

Scende dalla bici, si siede, piange. «Ho segnato questa tappa fino all’inizio del Giro. Ho saputo vestirmi bene per la pioggia. Mi chiamano Joker, perchè sono un po’ matto. Ho attaccato in discesa, e sono riuscito ad arrivare in solitaria. La vittoria mi mancava da tanto, al Romandia ci ho provato. Poi mi sono ammalato in corsa. Ci tenevo, non sono proprio a casa, ma quasi. È andata bene, me l’ero immaginata così la tappa», ha detto.

E domani ad Alpago, tra i suoi tifosi, si godrà la partenza più bella della sua vita . A casa sua.

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