Pogacar, inchino al Giro d'Italia

Lo sloveno attacca sul Grappa come da promessa e mette la ciliegina su una corsa vinta con quasi 10 minuti di vantaggio

BASSANO DEL GRAPPA. Ci ha provato Giulio Pellizzari a sparigliare le carte, ci ha provato a sovvertire il pronostico, scontatissimo. Fino a dieci chilometri dalla seconda ascesa del Monte Grappa, tra due ali di folla, ha anche sperato che Re Taddeo non fosse in giornata di imprese, avesse una tappa no, sbagliasse i calcoli dell’attacco. Insomma, vincesse il Giro d’Italia “accontentandosi” di cinque tappe.

Oppure sbagliasse i tempi del’attacco annunciatissimo tanto da non essere nemmeno quotato dai bookmaker.
Ci ha sperato, aggredendo la montagna, affrontata dal versante di Semonzo, quello trevigiano, uno dei pià duri in quel paradiso per i ciclisti, fino a poco meno di dieci chilometri dalla vetta, anche se i compagni di squadra della maglia rosa continuavano a rosicchiargli secondi imponendo un ritmo deciso al gruppetto dei migliori.
Giulio, marchigiano che corre con Michele Scarponi nel cuore, e che ha il padre originario proprio del vicentino, rallenta. Geraint Thomas (Ineos), ieri 38 anni, e Ben O’Connor (Decathlon) perdono terreno, e Rafal Majka dà l’ultima accelerata e la maglia rosa saluta tutti. Quando la salita diventa durissima. Alle 16.13 a poco più di 6 km dall’arrivo.

È come una Ferrari contro una Cinquecento, Abarth per carità, ma pur sempre 500. Almeno in questo Giro è così. Un tifoso gli da una spacca sulle spalle e lui lo manda a quel paese. Pellizzari se lo vede arrivare subito.
Ha dominato il Giro, il 26enne sloveno di Komenda, ha deciso di onorarlo fino all’ultimo. Come aveva promesso da giorni, chiamando a raccolta i suoi tifosi dalla Slovenia.
Dani Martinez (Bora) e Antonio Tiberi (Bahrain) puntellano e sognano il podio. Col romano che gonfia il petto all’Italbici, eccome se lo gonfia. Einer Rubio (Kovistar) con loro fa un figurone. A 3 km dalla vetta Re Taddeo se ne va a prendersi la vetta.

Fa sembrare scontata una doppia scalata al Monte Grappa (4’20” in meno del tempo di Pellizzari fatto regostrare nella prima tornata). Andate a chiedere ai cicloamatori di quelle parti quanto è duro. Fa più fatica a tener lontani con le braccia quei deficenti che gli corrono accanto, che a guadagnare secondi sui rivali. Si lancia in discesa sulla strada Cadorna, non si risparmia nemmeno con la strada all’ingiù, divora il km di salita che c’è a metà. Li un massaggiatore gli passa la borraccia, lui la prende e la regala al bimbo che gli corre accanto. Che resta folgorato.

Poi piomba su Bassano, baciata dal sole dopo la pioggia del mattino, comincia a salutare la folla a 4 km dal’arrivo. Va vincere la sesta tappa e un Giro che, di fatto, classe sopraffina e avversari alla mano, aveva vinto prima di iniziarlo a Venaria il 4 maggio. Ha bici rosa, completo rosa, casco rosa, scarpe e calzini rosa. Ciuffetto in vista. S’inchina alla folla mentre taglia il traguardo. Va quasi oltre le colonne d’Ercole dei 10 minuti di vantaggio sul secondo (Martinez): 9’57”. Distacchi d’altri tempi. In 30 giorni di gara nel 2024 ne ha vinte 13.

Dietro Thomas respinge l’assalto al terzo gradino del podio legittimando il suo terzo posto. E tra gli umani resta anche Pellizzari, altra luce dell’Italbici.

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