Le cime più alte della Carnia, il sentiero tra prati profumati e in mezzo ai boschi di abeti: uno spettacolo da centellinare

La prima tappa da Sappada a Ravascletto attraversando tre valli Vuezzis, Stalis, Gracco, un’infilata di paesini ricchi di fascino

SAPPADA. Tutto si tiene. Come unire in un’unica passeggiata i confini nord ovest e sud est del Friuli Venezia Giulia. Questo penso mentre parto da Sappada, friulana da poco ma orgogliosamente diversa, unica nel suo idioma, un tedesco arcaico che si tramanda intatto. Da una diversità all’altra. Penso a Trieste, città-mondo, unica e assoluta, dove arriverò fra una dozzina di giorni di cammino.

A Sappada c’è il sole mentre parto. Mentre scrivo non c’è più. Sono trascorsi quasi 30 chilometri e tre valli, ho ammirato le cime più alte della Carnia. È questa una tappa da centellinare, per quanto offre. Sappada è la porta del Cadore, lo sguardo sulle Terze invita a ovest. A nord il monte Ferro e il Peralba, da cui nasce il “fiume sacro alla patria”, “la” Piave, come dice la storia prima di Gabriele D’Annunzio, che invece lo volle virile. In faccia ho il maestoso monte Siera.

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Santa Margherita, chiesa della martire patrona: i magnifici angeli di marmo dell’altare sono di buon augurio. È il battesimo per la “Via degli Angeli”. Sappada Vecchia, 15 borgate sopravvissute agli incendi del tempo, ognuna con la cappella e la fontana - per abbeverarsi, non solo di fede - e le “blokhaus”: casa, stalla e fienile edificati con travi di legno a incastro. Plodn si chiama Sappada nel dialetto/lingua locale ed è è al Plodar Kelder di Sara e Marta Piller Roner che facciamo la prima sosta. Pane burro e marmellata per colazione. Alla Latteria Sappada servono anche il latticello, un derivato della mungitura povero di grassi ma ricco di proprietà. Si potrebbe stare a lungo seduti ai tavoli di legno sotto il portico, ma la strada è lunga e bisogna dosare bene il tempo.

Un sentiero fra profumati prati stabili e boschi di abeti porta a Cima Sappada. Chiesa di Sant’Osvaldo, cappella della Beata Vergine della Salute: qui comincia l’antica strada per Forni Avoltri. Si cammina in moderata discesa all’ombra di abeti bianchi e faggi, qualche larice, fino in vista del Centro biathlon “Carnia Arena” di Piani di Luzza. “Attenzione: skiroll!” avvisa il cartello. Giovanissimi su corti sci con le ruote e tute variopinte sfrecciano su piste di asfalto. Oltre il fiume, alcuni enormi abeti ci accompagnano ad Avoltri. “Ab Ultra”, al di là dell’acqua: il paese si trova oltre il Degano, poi c’è Forni, che nacque con le miniere.



A questo punto ci può stare una sosta. Piove ma noi siamo “Al Sole”: un albergo, che la famiglia Romanin gestisce dal 1908. Tiziana ci accoglie con un sorriso: non costa nulla ma vale tanto. Il sentiero riparte proprio da qui, verso Rigolato, c’è pure un percorso Kneipp alimentato da una sorgente, utile ristoro per piedi affaticati.

Dopo un tratto di statale, al bivio con una galleria dismessa, ci incamminiamo su un ripido sentiero, ripristinato dal Cai dopo l’uragano Vaia ma poco agevole. Bisogna fare attenzione a seguire le tracce, però l’approdo a Tors è un regalo. Per boschi e strade deserte raggiungiamo Givigliana e il suo campanile affrescato; Vuezzis, Stalis, Gracco: un’infilata di paesini commoventi per il silenzio e la compostezza con cui vivono isolamento e progressivo abbandono. Attraversiamo il Bosco Bandito: gli alberi non si potevano tagliare perché proteggevano dalle frane, ne sopravvivono di secolari, i tronchi così grandi che non si riescono ad abbracciare.

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Un altro bel sentiero nel bosco, un’ultima salita. Fino alla strada forestale che, sinuosa e verdissima, ci conduce alle bianche case di Tualis. Un’altra ora di cammino e saremo a Ravascletto, che raggiungiamo salendo agli stavoli di Cordea, perché poi è magnifica la discesa attraverso i borghi antichi (Som Salars, Salars, Alnetto) arrampicati sopra la Valcalda.

Mi fermo a Cjasa Da Duga, ospite di Ulderica Da Pozzo, che mi accompagnerà per fotografare questo cammino, e che a Salars ha il “borg da memoria”, la casa di famiglia che ha trasformato in una galleria e in un archivio immenso di immagini della Carnia di ieri e di oggi.

Ed è proprio per questo che camminiamo, io e voi, noi tutti: per rinnovare nel presente l’eredità di chi ha percorso i luoghi prima di noi, coltivando il bello e buono che è stato seminato, calpestando la terra per far risuonare il ricordo affinché non sia perso, e produca un fertile futuro.

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