“Montagne e prati bellissimi”: la Carnia amata da Carducci. E poi nel paese dei mulini risalendo il Troi sot da mont

Terza tappa della camminata, da Piano d’Arta fino a Tolmezzo Il grande poeta, che qui passò nel 1885, è ricordato da un monumento

“Qui sono tutte montagne, e le montagne sono tutte coperte di abeti, e anche di larici, e qua è là di castagni e di faggi: ma sul pendio e in vetta ci sono prati bellissimi, d’un verde tenero e smagliante. Tutto questo paese montuoso, che comincia dal Tagliamento e finisce con le vere Alpi, è partito in quattro piccole valli, per ognuna delle quali corre un torrente maestro, e in esso influiscono altri torrentelli; e tutte queste valli sono bellissime, selvose, fresche, aerate, piene di villaggi”.

A Giosuè Carducci piacque camminare da queste parti. Arrivò a Piano d’Arta a metà luglio del 1885, si fermò per un mese e mezzo, vi dedicò due poesie,“In Carnia” e “Il comune rustico” e scrisse svariate lettere raccontando le sue impressioni e avventure in loco.

«Questa mattina ho fatto l’ascensione di un monte. Ho dato un capitombolo nello scendere. Ma sto bene» scrive alla moglie. La notizia è ripresa, anche in tono derisorio, dai giornali che non condividono le sue idee politiche: il poeta era salito alla pieve di San Pietro di Zuglio, che è qui in faccia e si raggiunge dal bel sentiero dietro le terme.



Il premio Nobel è immortalato sul monumento davanti all’albergo Gardel. Marinella ci offre la colazione sulla terrazza, i nonni materni lo aprirono nel 1930. Oggi i benefici dell’antica Fonte Pudia sono declinati in altre forme. Il consorzio “Silent Alps” propone la formula “reload”, una vacanza per ricaricarsi dalle fatiche quotidiane e dalle ansie da pandemia.

Altri erano i tempi di Carducci, che sintetizza così la sua villeggiatura ideale: «Belle montagne. Un bel fiume. Acque sulfuree. Foreste di abeti».

Ma partiamo, il tempo ci assiste. Rivedo Ulderica Da Pozzo, che ieri mi ha raggiunta alla fine del cammino, in Alzeri, davanti al magnifico sito dell’ospitale medievale. Luogo che mi era sconosciuto, e che è una perla. Certo non era sconosciuto a Ulderica, che della Carnia conosce ogni luogo, e non c’è una chiesetta che le sfugga, né un angelo. Quali troveremo sul nostro cammino oggi? Uno lo conosco di sicuro, e sarà alla fine.



Ritrovo anche Attilio De Rovere, mio Diogene non con lanterna ma con Gps, che sta tracciando i sentieri di questa nuova Via degli angeli. La sua conoscenza dei luoghi è approfondita e capillare, sia come guida che da cartografo, ma un cammino è un organismo in movimento: cambia, si trasforma, per opera dell’uomo e della natura. Se non è curato, un sentiero a poco a poco sparisce. Alla Commissione giulio-carnica del Cai Fvg ne competono circa 600 (per oltre 4.400 chilometri!). È grazie a questo prezioso lavoro di manutenzione che è possibile attraversare tutto il Friuli Venezia Giulia a piedi, arrivando a Trieste.

Imbocchiamo il “Troi sot da mont” una delle creature della rete di sentieri di fondovalle creata da Mauro Löwenthal, albergatore che ha riscoperto gli antichi cammini locali che ha mappato, nominato e dotato di una chiara segnaletica. Viaggiamo immersi nel bosco sopra Arta Terme fino alla strada che sale a Cabia. Noi scendiamo e spuntiamo in una radura bucolica con una fattoria e placide mucche. A parte loro, non c’è anima viva. Il panorama si apre verso sud.



Il primo paese è Cedarchis, oltre la vecchia provinciale per Paularo. Un fiume, il Chiarsò. Passiamo con attenzione il ponte stradale e siamo a Cadunea, poi a Imponzo. Dalla bella chiesa di San Bartolomeo comincia il Cammino delle Pievi sul sentiero Cai 460. Ci aspettano 350 metri di dislivello, è il punto più faticoso della tappa. però il sentiero sale in maniera graduale, è un bell’andare. Dentro il bosco, i primi ciclamini. Un pozzo artesiano a cupola, vecchio di secoli. La pieve di San Floriano domina la valle del Bût. Sul bel prato stabile che accompagna l’ultima salita, alberi di sorbo carichi di bacche rosse.

Scendiamo per Illegio, passiamo sul ponte ad arco in pietra e siamo nel paese dei mulini, oggi anche delle grandi mostre. Ci vuole una sosta. Tre acqua e sambuco alla Budeghe di Pierute e si prosegue. Sulla strada per Tolmezzo una maina, la palestra di roccia dove anche Attilio ha cominciato ad arrampicare. Ma lo spettacolo è alla nostra sinistra: il geosito dei Rivoli Bianchi dell’Amariana. Entriamo in città a Betania e saliamo ai ruderi del castello di Tolmezzo. L’angelo sul campanile ci dice che oggi possiamo fermarci, il cielo brontola: in dieci minuti siamo sotto i portici di via Roma.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto