Tra castelli, acque e roccoli Da Artegna a Torlano immersi nei boschi del Torre e poi le cascate del Troi
Una tappa di castelli, acque, roccoli e “soreli” (sole) questa sesta giornata della Via degli angeli da Artegna a Torlano di Nimis.
Entreremo nelle Valli del Torre, cammineremo lungamente nei boschi attraversando paesi minuscoli, in un saliscendi di meraviglie arboree, cascate e cambi di orizzonte. Scavalleremo a Montenars e arriveremo in vista di Udine. E, al termine del giorno, saremo alla metà del nostro viaggio, giungendo alla più curiosa delle scoperte del nostro cammino fra Sappada e Trieste: il Ponte degli Angeli di Torlano.
Suonano le campane sul Colle di San Martino. L’angelo anemometro sul campanile della pieve cinquecentesca punta a ovest. La cisterna in cocciopesto del V secolo indica che quassù si viveva fin dall’epoca romana. Era in una posizione importante, Artegna, vi confluivano tre antiche vie: da Concordia, Aquileia e Cividale. Seguiremo quest’ultima.
Un caffè sulla terrazza panoramica del bar del castello, pare che qui gli aperitivi al tramonto siano una bellezza. Sul colle si tengono concerti. Sabato sono annunciati i Carantan: mandola, violoncello, armonica, chitarre, cornamusa. Musica folk di ricerca, un repertorio che arriva al Rinascimento, altro che “carantan” (in friulano, cose di poco conto)!
La famiglia Bonati Savorgnan d’Osoppo ha ceduto in uso al Comune i castello dopo il terremoto. Restaurato con soldi pubblici e riaperto da pochi anni come spazio espositivo, ospita un piccolo museo.
Nicola Picogna, che guida cammini sul territorio con l’Ecomuseo, mi accompagna in città. Via Villa, piazza Manrico. «Qui era tutto distrutto. Solo gli alberi della piazza, rimasti in piedi, hanno permesso di orientarsi fra le macerie». Nicola è nato dopo il terremoto, lo ha studiato. Ha realizzato un video. «Non tutte le ricostruzioni sono uguali. Qui è stata rispettata la morfologia del territorio e questo ha mantenuto la vitalità. Artegna è una città con tanti servizi».
Fotografo e guida naturalistica, Nicola ha scelto di vivere qui, veniva dalla pianura. Ha preso casa in un borgo che è un raro esempio di architettura spontanea, muri in pietra e poggioli in legno. Sul portone, che introduce nel cortile, è scolpita la data: 1796. «Cercavamo una casa che avesse radici manifeste, che fosse in relazione con il paesaggio, che è l’unione di natura e cultura». Un tempo, per salire ai due piani superiori, le scale erano esterne, c’erano il fienile e la stalla.
Poco distante da casa sua comincia la forra del torrente Orvenco, sgorga dal Cuarnan che vediamo davanti.
Il Troi des Cascades è di segreta bellezza. L’erosione delle rocce ha formato salti d’acqua e vasche color smeraldo. Cervi e caprioli vengono ad abbeverarsi, nidifica il leggiadro merlo acquaiolo. Le briglie e i ruderi dei mulini – c’era anche una conceria – si sono fusi con i muschi e le edere. Vecchi castagni, e carpini, aceri, frassini, salici, ontani formano una fitta trama, il sole illumina solo gli specchi d’acqua.
Risaliamo il torrente fino al bivio per il castello di Rovistagno o Rabenstein (rupe dei corvi), in cima a una parete strapiombante, dopo Borgo Cologna. È la prima fortezza che incontreremo delle innumerevoli sulla via per Forum Julii, tutti in luoghi estremi e selvatici, belli da conquistare a piedi.
Ogni cascata del Troi ha un nome, la più bella è Tulìn, che vuol dire mulinello. In cima, l’agriturismo con lo stesso nome è purtroppo chiuso d’estate: la famiglia Colomba si trasferisce con gli armenti in quota, a malga Confin.
La strada forestale conduce al paese di Plazzaris e poi al roccolo Pre Checo Placereani. Siamo sullo spartiacque fra Tagliamento e Torre, passaggio degli uccelli migratori: qui l’aucupio era necessità e cultura. Pre Checo lo difendeva con passione. Oggi che l’uccellagione è vietata, in queste magnifiche ex trappole verdi si tengono concerti di violini e flauti.
Sammardenchia è tappezzata dai murales del Troi da Memorie, si scende lungo il crinale a Bevorchian e Coia, fra vigne e frutteti sul sentiero “Tai roncs dal soreli”, sopra i ruderi del castello Frangipane, sotto la pianura friulana. Un passaggio per Tarcento, poi Sedilis, Ramandolo e infine Torlano di Sopra. Ecco il Ponte degli Angeli, battezzato da Ippolito Nievo nel romanzo “Il conte pecoraio” ambientato sulle rive del Cornappo. Passarci sopra è emozionante, lo abbiamo lungamente desiderato. Siamo a metà del cammino. Domani comincia il conto alla rovescia.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto