Dagli Usa alla Brexit: a Link sguardi sul mondo di oggi

L’atteso voto americano, l’ascesa delle destre in Europa e il Regno Unito del Labour nell’ultimo giorno del festival

Giovanni Tomasin
La tavola rotonda sulle elezioni Usa. foto di Francesco Bruni
La tavola rotonda sulle elezioni Usa. foto di Francesco Bruni

L’America alle porte di una tornata decisiva, l’ascesa delle destre in Europa, il nuovo Regno unito del Labour alle prese con l’onda lunga della Brexit. La piazza grande di Trieste ha guardato in campo largo allo stato di salute dell’Occidente, ieri, nell’ultima giornata di Link Media Festival, per la prima volta promosso dal gruppo Nord Est Multimedia (Nem) che edita questo giornale.

L’America al bivio

È il titolo del primo incontro e sul palco, moderati dall’editorialista Nem Massimiliano Panarari, salgono la caporedattrice esteri di Skytg24 Liliana Faccioli Pintozzi, il giornalista e direttore del master Luiss Gianni Riotta e il corrispondente da Washington del Corriere Giuseppe Sarcina.

Panarari chiede un pronostico sulle elezioni: Sarcina propende con prudenza per Kamala Harris per i passati fallimenti «in termini di consenso generale» di Donald Trump. Il primo difficile compito di Harris sul fronte interno sarebbe fronteggiare l’inflazione.

All’estero l’urgenza è Gaza, ove «finora nessuno è riuscito ad arginare Netanyahu». Premesso che «al momento i due sono pari», Pintozzi scommette su Harris per «il cambio di narrazione che ha destabilizzato Trump», grazie alla «riappropriazione di concetti positivi molto americani».

L’altra chiave è il non aver dimenticato «l’America profonda, i bianchi della classe media impoverita», con la scelta del vice Tim Waltz. Dopo aver sondato il pubblico Riotta ricorda che poche decine di migliaia di voti negli stati giusti sono decisive: «Ora Harris è in vantaggio, molto stretto però. Se Trump vince in Pennsylvania ha oltre il 90% di chance di vincere, Harris quasi altrettanto».

Dopo una prima presidenza «più prudente», per Riotta un eventuale Trump 2 sarebbe un «Trump turbo». Sarcina tocca poi i temi del suo libro “Il mondo sospeso”, ricordando che «quello che Eisenhower definiva complesso militare-industriale è tornato alla ribalta dopo la guerra in Ucraina»: anche i grandi investimenti Usa nella difesa dei paesi baltici e dell’Ucraina «sono soldi dati con l’elastico», perché vanno poi a finanziare l’industria militare Usa. Il dialogo si sposta poi sul tema della «guerra civile» quantomeno ideologica negli Usa: Pintozzi rileva che «il buonsenso nel confronto ormai è morto», e i due fronti si sono polarizzati negando l’umanità dell’altro.

Riotta rileva che da quel crinale elettorale passa l’alternativa «fra derive di democrazia autoritaria o la difesa del sistema democratico e l’ampliamento dei diritti».

Alla conquista dell’Europa

All’incontro del pomeriggio dedicato agli esteri partecipano la grande corrispondente esteri triestina Giovanna Botteri, il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato (autore di “Nel continente nero”) e il giornalista e scrittore Mauro Mazza. Il vicedirettore esecutivo dei quotidiani del gruppo Nem, Alberto Bollis, chiede a Cancellato di tratteggiare l’ascesa delle destre in Europa: il giornalista rileva che, da una fase in cui sembrava che i conservatori di Meloni potessero governare l’Europa assieme ai popolari, «oggi assistiamo paradossalmente a una crescita di tutte le destre filoputiniane che allora erano considerate perdenti», sotto l’egida di Viktor Orban.

La normalizzazione di queste forze nel dibattito pubblico, osserva, deriva dall’erronea deduzione che «un aumento di consenso comporti una loro moderazione»: cosa che le ultime cronache smentiscono, spiega Cancellato, dalle uscite di Vox a quelle di Afd.

Secondo Cancellato viviamo un tempo particolare in cui «il ricordo di cosa quelle forze significhino comincia a scomparire» eppure al contempo operano in Europa organizzazioni che di quella storia sono filiazione più o meno diretta. Una lettura che fa saltar la mosca al naso a Mazza, per cui «quest’idea semplifica, omologa, distorce», e ricalca «la lettura del “fascismo eterno” come categoria meta storica, fino a poco tempo fa ultra minoritaria».

Dalla rivista “La voce” di Giuseppe Prezzolini all’incontro fra Fini e Violante a Trieste, Mazza invita a guardare la storia italiana nelle sue contraddizioni e a «non eternizzare il fascismo», idea che «impedisce di capire cosa succede».

Per Botteri «destra e sinistra» sono termini che nel dibattito odierno non si riferiscono più a nulla di definito. Bisogna quindi «riprendere il cuore del problema» e capire «cosa è stata la destra fascista per noi»: «Dittatura, mancanza di libertà, assassinio, deportazione degli oppositori, leggi razziali, guerra e distruzione del paese. È stata il braccio armato dei grandi proprietari nel biennio rosso contro le richieste di giustizia sociale. Dobbiamo capire se i loro valori sono ancora questi o no».

La rivoluzione inglese

Infine, sotto la pioggia battente, hanno dialogato il corrispondente Rai da Londra Marco Varvello (autore di “Passo Falso. Come cambia l’Inghilterra fuori dall’Ue”) e la giornalista de Il Piccolo Valeria Pace. A Pace che gli chiede una valutazione sul post-Brexit, Varvello risponde partendo dalle conseguenze per gli italiani: in primis «le nostre giovani generazioni non hanno più l’opportunità di cercare lavoro nel Regno unito».

Lo stesso vale per lo studio, che senza la garanzia europea di accesso agli studi raggiunge costi insostenibili per redditi nella media. Tutto ciò, racconta il giornalista, è nato dalla «narrazione sull’Ue che per decenni hanno fatto le forze politiche inglesi», sul cui giudizio finale «si è fatto un grande pasticcio affidandolo allo strumento referendario».

Nel frattempo però si sono dimostrate corrette le previsioni di chi vedeva fosco il futuro in economia: «L’unico dato positivo è la bassa disoccupazione, che però c’è per mancanza di manodopera». Fuori dalla dogana europea, l’Uk perde investimenti come i colossi orientali dell’automobile. Ora il governo laburista cerca di «riconnettere» il Regno all’Unione, «non a caso il primo viaggio all’estero del pur prudentissimo Keir Starmer è stato in Germania e in Francia».

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