Olimpiadi a Cortina: i conti, le polemiche, il villaggio e ciò che verrà dopo
A Sport Business Forum l’ad della Fondazione Milano Cortina, Andrea Varnier risponde sui temi caldi e annuncia: «Adesso ci servono ventimila volontari»
“La Francia, per le sue Olimpiadi, ha saputo fare sistema. A noi, devo dire purtroppo, ancora questa cosa manca”: Andrea Varnier, amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina 2026, inaugura di fatto Sport Business Forum in versione bellunese: da qui a domenica, decine di incontri ed eventi, con l’appendice di domenica a Cortina: un primo trampolino di lancio verso i Giochi invernali.
La Fondazione ha un budget di 1,6 miliardi di euro, basato su una stima dei ricavi. Stima, spiega Varnier, “composta per un terzo da cifre certe (incassi da eventi televisivi e sponsor), un terzo dalle sponsorship locali – cifra importante, mezzo miliardo di euro – e il restante terzo dalla vendita dei biglietti che inizierà il 6 febbraio del 2025, esattamente un anno prima dello start”.
Incognita Socrepes
Possibile che eventuali ritardi infrastrutturali, chiede il moderatore Filiberto Zovico, abbiano un impatto negativo sull’avvio delle prevendite?
“Se si riferisce alla cabinovia di Socrepes – è la risposta – noi confidiamo che i tempi siano rispettati ma se ci fossero ritardi, dovremmo giocoforza ridurre la capienza dell’area spettatori e quindi vendere meno biglietti”.
Rispetto al mezzo miliardo di euro di sponsorship locali (in questo caso, locali significa italiane), Varnier dichiara che sono già stati raccolti 350 milioni di euro e ritiene che l’obiettivo dei 500 sia alla portata.
Il deficit
La Corte dei conti di Venezia, nel luglio scorso, ha fatto le pulci a un deficit di 107 milioni ma non sfugge a nessuno che prima arrivano le spese, poi gli incassi. Ci sono poi delle fonti di ricavo, spiega Varnier, che sono già state assicurate ma che per motivi che sarebbe complicato spiegare alcuna non è stato possibile contabilizzare.
Le garanzie pubbliche alla Fondazione, che è privata, ammontano a 300 milioni di euro. Tema delicato, nei rapporti tra soggetti giuridici diversi. Il privato si muove in maniera certo più snella, ma poi gode di un ombrello pubblico.
E il Comitato olimpico internazionale?
Il Cio contribuisce al budget complessivo con 605 milioni di euro. Su cosa decide? “Sul buon funzionamento dei Giochi, dalle riprese televisive alla cybersecurity, ad esempio”.
Perché la procura di Milano ha aperto una inchiesta sul suo predecessore?
“Non posso saperlo, abbiamo fornito tutte le informazioni richieste. Sono arrivate contestazioni molto specifiche che riguardano altre cose”.
Il Villaggio olimpico
Polemica sui container prefabbricati, sui costi giudicati eccessivi: “Bisogna approfondire, il villaggio olimpico e paralimpico che ospita gli atleti è uno degli elementi fondanti delle Olimpiadi e uno dei valori cui non si può prescindere. In altri eventi gli atleti si arrangiano, vanno in albergo. Ai Giochi, gli atleti stanno in un villaggio, vivono insieme. Questo è lo spirito olimpico. Servono luoghi adatti, che a Cortina per 1400 atleti non c’erano. Io sono entrato a cose iniziate, quando si è scelto di rinunciare a un villaggio fisso, che rimanga, ma a un complesso temporaneo, di questo si occupa Simico. E’ una piccola città, non sono un insieme di tende. Arrivano da 93 nazioni del mondo, si aspettano di essere trattati in un certo modo. Palestra, centro clinico, mancanza di barriere architettoniche. Se li avessimo messi in una tenda canadese avremmo speso di meno, ma è questo che vogliamo?”.
E comunque, chiarisce Varnier, la scelta di un villaggio temporaneo non è della Fondazione.
La pista da bob
Sulla pista da bob, e sulla scelta di costruirla ex novo a Cortina (1,4 per la gestione post evento), Varnier ricorda che la decisione iniziale è comunque sempre stata quella. Impensabile ripristinare quella del 1956, il Cio “ha sempre detto che, essendo un progetto molto costoso, si sarebbe potuto fare anche da un’altra parte”.
Sono state valutate tutte le alternative: “E’ il nostro dovere, non è vero che gli austriaci ci avrebbero dato una pista gratis, nessuno dà nulla gratis. Senza contare che avremmo dovuto creare lì una dependance del villaggio. Noi siamo contenti che la pista si faccia a Cortina, perché senza, lo spirito olimpico sarebbe venuto meno. Quegli atleti sarebbero finiti da tutt’altra parte. Se Cortina è città olimpica, deve avere tutto. E poi si valorizza una tradizione”.
E il dopo? Chi pagherà quel milione e 400 mila euro annuo di mantenimento della pista, a Giochi finiti?
“Il salto è problematico, per questo siamo andati a Predazzo dove i trampolini già c’erano. Abbiamo costruito il pattinaggio in pista lunga a Rho, evitando di creare nuove strutture. Abbiamo scelto di impiantare il biathlon ad Anterselva, che già c’era. La pista da bob (che poi sono in realtà tre discipline, quelle del cosiddetto scivolamento) ha la speranza di avere un futuro. Noi aiutiamo questa transizione, perché dopo non ci saremo. Ci sono comunque piste post olimpiche in attivo, ad Albertville ad esempio. Certo, ci vuole un piano di lavoro, ma gli appassionati a Cortina non mancano”.
La chiosa: “Riscontriamo un gradimento ai giochi attorno all’80 percento che è altissimo, durante le Olimpiadi di Parigi i nostri social e le mascotte hanno riscosso grande successo. E adesso inizia la ricerca di ventimila volontari”.
Ven-ti-mi-la.
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