Conto corrente in rosso anche di 100 euro: il 10 per cento dei clienti rischia, soprattutto gli anziani
Avete il conto in rosso, anche di soli 100 euro? Sono cambiate le regole e, naturalmente, sono più restrittive... il momento è quello giusto.
Dal primo gennaio è entrato in vigore il nuovo Regolamento Eba sui requisiti di capitale. Il correntista che va in rosso rischia di essere segnalato se la sua esposizione è un “non performing loan”, un credito deteriorato. E dal 1 gennaio anche i conti correnti dei privati se sconfinano dal fido possono essere classificati in questo modo.
In sintesi: il titolare di conto corrente può essere giudicato in default dalla banca se è “in rosso” per almeno 100 euro (500 per le imprese) per 90 giorni consecutivi e se, contemporaneamente, questo “scoperto” è superiore all’1 per cento del credito totale concesso dalla banca a questo stesso cliente.
Questa seconda “soglia relativa” vuol dire che, per esempio, se la banca ha concesso al cliente un mutuo di 100 mila euro, per considerarlo in default non basterà uno scoperto di 100 euro per 90 giorni, ma questo debito dovrà essere almeno l’1 per cento di 100 mila euro, cioè mille euro: questo perché è evidente che se la banca ha concesso un mutuo per quella cifra avrà effettuato tutte le verifiche che gli avevano garantito, nel margine di rischio, che il cliente avrebbe potuto restituire il debito.
Ma queste nuove regole europee mandano in subbuglio diverse categorie. I primi a gridare allo scandalo sono i pensionati di Confartigianato che nell’inasprimento delle norme leggono l’ennesima bastonata a danno della categoria.
«Prendiamo il caso di un qualunque pensionato artigiano che nella maggior parte dei casi si ritrova a fare i salti mortali per far fronte alle spese di ogni giorno e non di rado finisce con il conto in rosso in attesa che venga accreditata la pensione, ebbene – tuona il presidente di Anap Udine, Pierino Chiandussi –. Ora gli sarà chiesto l’ennesimo salto mortale per evitare di finire in rosso sul conto perché viceversa correrà il rischio di veder compromessa la possibilità di accedere a nuovi fidi nel futuro.
E Dio solo sa quanto bisogno c’è ancora, soprattutto oggi, dell’aiuto finanziario degli anziani che sono diventati vere e proprie stampelle finanziarie per i figli».
Fino al 31 dicembre scorso le banche avevano limiti molti più elastici, oggi le regole diventano più stringenti e l’effetto è quello di moltiplicare per 2 la platea dei soggetti a rischio default: prima le banche li stimavano intorno al 5% della clientela, oggi la percentuale sale al 10%. I pensionati non ci stanno.
In Fvg gli artigiani in pensione sono 33 mila di cui 17 mila a Udine (10 mila quelli iscritti all’Anap, ci cui 7 in provincia di Udine) e percepiscono un assegno medio mensile di 780 euro. «Arrivare a fine mese è già un’impresa e ora ci si viene a dire anche che ci dobbiamo preoccupare per 90 giorni finiamo in rosso sul conto per 100 euro. Dopo una vita di lavoro e di regolare contribuzione allo Stato».
Non ci sta Chiandussi: «L’impressione è che l’Europa sia lontanissima dai problemi reali della gente e in questo giro di vite abbia incastrato anche le banche, le quali hanno tutto l’interesse a fare credito. Ora invece quel meccanismo, anche fiduciario, tra istituti e clienti, che nel caso dei pensionati clienti lo sono spesso da un’intera vita, viene messo a dura prova.
Se uno “sforza” viene segnalato e la conseguenza è che ha grandissimi problemi a ottenere nuovo credito. Sia nel proprio istituto sia altrove. È una vergogna.
Si parla di Europa sempre più etica e legale. Quel che vedo io, invece, è un’Europa che mette in difficoltà una volta in più la fascia debole della popolazione imponendo regole restrittive che non tengono conto del resto del sistema, delle compagnie di servizi che sulle scadenze dei pagamenti non derogano, che vogliono essere pagate il giorno stesso.
Alla politica, regionale e nazionale – conclude il leader dei pensionati di Confartigianato – chiediamo di fare pressing affinché il regolamento europeo sia rivisto, allentando la morsa lì dove, ed è il caso dei pensionati, rischi di default non ce ne sono.
Al massimo c’è un rosso legato al pagamento di qualche bolletta, che normalmente è coperto dall’accredito dell’assegno pensionistico nel giro di qualche giorno, settimana tuttalpiù, ma che, dovesse andare oltre i 90 giorni, non dà certo adito al fallimento della banca che in questi casi dovrebbe avere anche un ruolo sociale».—
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto