Addio Tumburus, fu scudettato a Bologna

L’aquileiese fu una colonna del miracolo rossoblù nel 1964. Pizzul: «Grinta e poche parole, un esempio del Friuli»
Di Renzo Manzocco
Bonaventura Monfalcone-24.10.2015 Riproduzione foto Tumburus-Aquileia-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-24.10.2015 Riproduzione foto Tumburus-Aquileia-foto di Katia Bonaventura

AQUILEIA. L’8 marzo il sito ufficiale del Bologna gli aveva fatto gli auguri per i 76 anni, ieri la pagina web del club rossoblù lo ha ricordato con grande tristezza. Impossibile dimenticare quel difensore arcigno, ma onesto e umile, arrivato da Aquileia per completare la colonia friulana che nei primi anni Sessanta ha contribuito a creare quel Bologna che “il mondo tremare fa”. «A quel tempo il club felsineo e la Spal facevano incetta di talenti friulani – ricorda Bruno Pizzul – sfruttando il lavoro capillare dei molti osservatori, che girovagando per i campetti delle nostre squadre dilettanti si sono accorti anche di questo ragazzo di poche parole, ma che in campo si faceva notare per il carattere e la tempra tutta friulana».

«Io l’ho visto giocare – continua Pizzul – e ho incontrato Tumburus in Carnia quando da allenatore era in ritiro con il Pordenone. Tranquillo e schivo, non amava stare sul palcoscenico. In quel Bologna dello scudetto lui e Pascutti erano agli antipodi: effervescente l’attaccante di Chiasiellis, taciturno il difensore di Aquileia».

Ci stavano bene in quella squadra affidata a “Fuffo” Bernardini. A centrocampo c’erano Fogli, Haller e un certo Bulgarelli. In attacco con Pascutti insieme con l’esplosivo danese Nielsen. Tumburus una vera linea maginot in mezzo all’area di rigore al fianco dell’udinese Janich. Uno squadrone, vincente.

E per Tumburus anche la soddisfazione di vestire la maglia azzurra, disputando le Olimpiadi di Roma e partecipando alla spedizione mondiale del 1962 contro il Cile, Prima del grande trionfo in campionato, nel 1964, lo scudetto al termine di una stagione romanzesca tra accuse di doping - poi svanite - e uno spareggio epico vinto 2-0 contro l’Inter del “Mago” Herrera fresca di Coppa di Campioni.

L’avventura in rossoblù continua fino al 1968, poi le valige per raggiungere Vicenza e vestire il biancorosso del Lanerossi, dove si scopre anche goleador realizzando sei reti in una stagione. L’ultima soddisfazione. Dopo 232 presenze e dieci reti nella massima serie, la cessione in comproprietà al Rovereto in serie C. L’umiliante riscatto da parte del Vicenza (nella busta soltanto 150 lire, ma sufficienti per superare l’offerta dei trentini, appena 25 lire) è il segnale del tramonto.

Basta scarpette da gioco. Comincia l’esperienza da allenatore che porta Tumburus a guidare per due stagioni il Pordenone e legare per l’unica volta il suo nome anche all’Udinese. Nella stagione 1980/81 quando subentra a Enzo Ferrari - chiamato alla guida della prima squadra, al posto di Gustavo Giagnoni, per centrare la salvezza - al timone della Primavera in tempo per pilotare i bianconeri alla conquista a Roma dello “scudettino” di campione d’Italia.

Un altro trionfo, l’ultimo, da ricordare in questi anni passati sempre lontano dai riflettori con gli amici di Aquileia.

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