Ali Adnan, il terzino soldato che combatteva l'Isis ora è dell’Udinese

UDINE. Apri una finestra sul mondo di Twitter e scopri che c’è un tal Hassanin Mubarak che disquisisce sui moduli tattici dell’Udinese.
E con lui Mohammed, Amir, Hamoudi e altre decine e decine di “twittatori” dal nome arabo: grazie a Ali Adnan gli appassionati mediorientali hanno scoperto il Friuli del pallone, la galassia bianconera, tanto che – informatissimi – tutti si chiedono se il terzino iracheno che ha incantato negli scorsi Mondiali under 20 si metterà presto agli ordini di Colantuono, oppure finirà per vestire una delle maglie dei satelliti, quella del Granada o (soprattutto) quella del Watford, prossimo a una Premier che è un campionato seguitissimo da quelle parti.
Questione di regolamenti, ha fatto capire l’Udinese, alle prese con il tetto sul tesseramento degli extracomunitari (al massimo due all’anno), una strettoia che spesso costringe Gino Pozzo ai salti mortali, ai prestiti a società amiche (l’ultimo caso è quello di Edenilson, girato al Genoa: tornerà alla base per il prossimo campionato) o allo smistamento nelle “colonie”.
Bisogna affidarsi alle sensazioni, tenendo ben presente che l’Udinese è difficilmente marcabile quando si tratta di mercato: l’idea è quella di tenersi Ali Adnan occupando uno dei due “spot” facendolo diventare il terzino sinistro titolare.
Di sicuro il giocatore iracheno sta aspettando con impazienza le decisioni di Pozzo e con lui uno stuolo di tifosi che lo stanno seguendo con passione tempestando di domande i social network. D’altra parte Ali Adnan Kadhim Al-Tameemi è un personaggio nella sua terra.
L’escalation dopo i Mondiali under 20 del 2013, quando fu uno dei trascinatori dell’Iraq che arrivò sorprendentemente fino alla semifinale per poi arrendersi all’Uruguay del “nostro” Nico Lopez, ai rigori. Un torneo che consegnò una serie di riconoscimenti a questo 21enne di Baghdad.
Miglior giovane d’Asia, il “Bale d’Asia” per la gente, si guadagnò così un ingaggio da parte dei turchi Caykur Rizespor che lo pagarono un milione di dollari per farlo giocare nella locale SuperLig. Un’esperienza felice anche nei numeri: 31 presenze, 3 gol, ben 9 assist. Ma anche un’insoddisfazione: quella di vedere il proprio Paese martoriato dalla guerra e dal terrorismo.
Così lo scorso anno la decisione di arruolarsi per combattere l’Isis e di rifiutare la corte della Roma che voleva portarlo in serie A.
Al fronte Ali dura un paio di settimane, dicono i suoi biografi, poi rientra nei ranghi e riprende a giocare (10 gare) in Turchia: la sua popolarità in patria era un bersaglio troppo ghiotto per chi agita le scimitarre del Califfato. Meglio tornare al Pallone.
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