Alle origini del fenomeno Peter Sagan

Il neocampione del mondo è molto legato al Friuli: dalla sua prima squadra tra i “pro” al massaggiatore

Alle origini di Peter Sagan il nuovo campione del mondo di ciclismo. Il giorno dopo la mirabolante vittoria di Richmond il mondo del ciclismo celebra un fuoriclasse diventato campione. Un 25enne che ha molto in comune con quest’angolo d’Italia. Più di quanto pensiate.

Luoghi, personaggi, corse. Sì Sagan tra Veneto orientale e Friuli è cresciuto diventando da sconosciuta promessa del ciclismo a gran corridore. E ora che è campione, non da ieri ma da qualche anno per la verità, non dimentica quei mesi da pioniere del ciclismo. Ritorna spesso da queste parti e saluta gli amici.

Come Yankee Germano, il primo protagonista di questa ricerca. Sì, il massaggiatore di Terenzano, è stato il primo a mettere le mani in Italia su Peter Sagan. «Per due anni mi sono occupato dei suoi muscoli, finché ha deciso di preparare le corse in Slovacchia», spiega il tecnico ora alla Colombia di Claudio Corti. E Germano ripensa a quel 10 marzo di cinque anni fa.

«Parigi-Nizza - racconta - tappa di Aurillac, i direttori sportivi Zanatta e Scirea mi avevano mandato all’arrivo ad aspettare i corridori dicendomi di tenere gli occhi aperti. Avvertii di uno strappetto ai due km dall’arrivo dicendo che là i nostri avrebbero potuto inventarsi qualcosa». Il resto è storia: attacco del ventenne Sagan, vittoria in una delle più importanti corse al mondo.

«Ero alla Tirreno-Adriatico, avevamo in corsa basso, Pellizotti e il giovane Nibali, quel giorno vinse Bennati - ricorda Paolo Barbieri addetto stampa per anni alla Liquigas - quando mi chiamarono dalla Francia: ha vinto Sagan. Chhiii? Me lo passarono al telefono: per lui fu normale aver vinto».

Vinse ancora due giorni dopo ad Aix-an-Provence. Spiega Stefano Zanatta, storico ds della Liquigas, squadra che aveva sede a Sesto al Reghena: «Peter è un predestinato, sapevamo che prima o poi avrebbe cominciato a vincere le classica - spiega.

Lo facemmo correre nella Marchiol, la nostra squadra satellite, un anno da under 23. Era forte, arrivò 4° ai Mondiali junior di mountain bike. Poi la prima corsa tra i pro in Australia. Andò forte, decidemmo di cambiargli il programma. “Vai alla Parigi-Nizza” gli dicemmo. Lui? Non si scompose, qualsiasi altro corridore a quell’età avrebbe fatto i salti di gioia. Lui conosceva solo il Tour».

«Un fenomeno - spiega il Bujese Alessandro De Marchi - ora alla Bmc ma suo compagno alla Cannondale per due stagioni - ora è maturato, è un campione. Farà grandi cose». Vero.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto