L’Apu a Bologna è anche la sfida in famiglia Alibegovic: Mirza contro papà Teo
Il capitano di Udine si troverà di fronte il padre, vice presidente Fortitudo: «È vero, siamo a +10 ma vincere a Bologna è difficilissimo»
Partita speciale in vista per Mirza Alibegovic. Il capitano bianconero guida l’assalto alla Fortitudo Bologna, squadra che ha il padre Teoman, friulano d’adozione (vive a Moruzzo) come vicepresidente.
Capitan Alibegovic, stavolta sfida suo padre da +10 in classifica. Sensazioni?
«Andiamo a giocare nel palasport più difficile d’Italia, serie A inclusa. Servirà una partita perfetta, ci stiamo preparando apposta. Mi fa piacere rivedere papà, è vero che siamo a +10 ma la stagione è ancora lunga. La Fortitudo ha appena aggiunto Vencato e se mi chiedete chi non vorrei trovare ai play-off dico proprio loro, per qualità e profondità del roster e per il fattore campo».
Durante le feste ha parlato di basket a tavola con papà Teo?
«Sì, ma più che del match abbiamo parlato più del campionato, che si sta dimostrando difficilissimo ed equilibrato. Noi e Rimini siamo in vetta con 14 vittorie, la decima in classifica ne ha vinte 9: basta poco per risalire la china o per scivolare indietro. Non bisogna mai abbassare la guardia».
Suo fratello Amar è un ex virtussino. Tiferà Udine?
«Diciamo che tiferà per me, tra fratelli va così. Anche mia madre tiferà per Udine, perché ci gioca uno dei suoi figli. Papà non se la prenderà, ha le spalle larghe (ride, ndr)».
Il PalaDozza è davvero un impianto così condizionante?
«Sì e lo sappiamo bene. Il PalaDozza è una sorta d’istituzione, un campo difficilissimo in cui bisogna restare concentrati per 40’ e non farsi distrarre dal contorno. Espugnarlo, però, non è impossibile».
Quanto peserebbe per l’Apu vincere anche a Bologna dopo Cantù?
«Tanto, e sappiamo bene anche questo. Sarebbe un grande segnale, sia per noi che per gli altri. Significherebbe che siamo pronti, sebbene già ora possiamo dire di stare molto bene, visto che siamo primi assieme a Rimini».
Lei è un leader dello spogliatoio. La parola “promozione” la pronunciate o è tabù?
«Ne parliamo poco, anche perché io sono molto scettico e un po’ scaramantico. Non mi va di parlare di una cosa importante, se ho un sogno preferisco tenerlo in testa. Ecco, diciamo che la parola che circola in spogliatoio è proprio “sogno”. E poi non avrebbe senso parlarne ora, non siamo nemmeno al giro di boa».
Come vede la Fortitudo attuale?
«Migliorata. All’inizio aveva fuori Aradori e altri giocatori infortunati, ora in molti sono rientrati e hanno pure preso Vencato. Secondo me sono stati più sfortunati che altro, ruotare a sette a lungo andare è difficile. Ora che sono in dieci è un’altra storia. La batosta di domenica scorsa a Pesaro? Questo è un campionato strano. Anche noi abbiamo preso un’imbarcata a Livorno e poi vinto a casa di Cantù quindici giorni dopo. Dirò di più: dopo averne presi 20 a Pesaro, la “Effe” sarà ancora più motivata».
Che idea si è fatto del ritorno di Caja?
«Non conosco le dinamiche, forse a giugno dopo la finale gli animi erano caldi ed è volata qualche parola di troppo. Probabilmente si sono guardati in faccia e avranno ricomposto il tutto. L’amore è bello se litigarello, si usa dire».
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