Arletti si presenta: «Una telefonata di coach Vertemati ed eccomi all’Apu»
Il giovane bolognese arrivato dagli Usa è tra i più in forma. «Gioco per una società ambiziosa e vivo in una città davvero bella»

Tre partite amichevoli e tre volte in doppia cifra. È solo basket d’estate, ma Gianmarco Arletti non se ne cura e pigia subito sull’acceleratore per inserirsi in fretta: nella nuova realtà udinese e in quella del basket italiano, dopo una proficua esperienza nei College Usa a Delawere.
Il popolo bianconero sta imparando a scoprirlo e già nel match contro Torino gli ha tributato applausi convinti. Il ragazzo ringrazia e ci racconta le sue sensazioni dopo quasi venti giorni di preparazione atletica.
Arletti, come sono le sue prime impressioni del mondo Apu?
«Positive, senza dubbio. Qui ho trovato un gran bel gruppo, già dopo i primi allenamenti ho capito che con questi ragazzi mi sarei trovato bene sia in campo che fuori. Il coach ha fatto un bel lavoro spingendo subito sul pedale, dateci un po’ di tempo per diventare squadra e vedrete che ci divertiremo».
Su di lei ci sono aspettative importanti. Avverte la pressione?
«Io penso solo a far bene per me stesso. Non penso affatto a quelle che sono le aspettative. Se c’è un po’ di pressione è soltanto perché ho una voglia matta di dimostrare quello che valgo».
A gennaio si vociferava di un suo passaggio alla Fortitudo, poi è saltato tutto. Come mai?
«Si era detto con mio padre e con i miei procuratori che sarei tornato in Italia solo quando ne sarebbe valsa davvero la pena. La Fortitudo per me è un sogno, lo dico da bolognese e da fortitudino, ma non me la sono sentita di lasciare gli Stati Uniti a stagione in corso, anche perché avrei dovuto interrompere gli studi».
In estate su di lei c’era l’interesse di tante squadre. Come mai ha scelto l’Apu?
«Una ragione importante è Adriano Vertemati. In Italia ancora non mi conoscono bene, lui invece mi ha allenato per due settimane quando ero a un raduno della Nazionale under 20. Il coach poteva darmi quelle sicurezze che altri non mi potevano garantire, mi sono fidato di lui. Poi c’è l’ambizione di questa società, che da diversi anni lotta per andare in serie A».
La fiducia riposta in Vertemati è aumentata?
«Di giorno dopo giorno. Lui si fa capire da tutti, ci aiuta molto anche perché poi quando vedi che le sue indicazioni funzionano, la fiducia non può che crescere».
Il coach dopo il match con Torino ha usato bastone e carota con lei, dicendo che ha giocato bene ma anche che è uscito per falli troppo presto.
«Me l’ha detto anche durante la partita. Ho pagato un minimo d’inesperienza, la voglia di strafare mi ha portato a essere troppo aggressivo. Mi adeguerò al metro arbitrale del basket italiano».
Differenze fra basket di College e quello italiano di A2?
«Qui si gioca più di squadra. Il gioco è più veloce con i 24 secondi per azione anziché 30. Negli Usa si pratica un basket più atletico, qui si pensa di più alla tattica e agli schemi ed è più semplice entrare in ritmo con i compagni».
Come si vive in una famiglia 100% basket di soli cestisti come la sua?
«Al contrario di ciò che si può pensare, la pallacanestro è un argomento di cui parliamo poco in famiglia. Al massimo lo facciamo dopo una partita, ma senza essere ossessivi».
Udine le piace come città?
«È perfetta, la trovo molto carina. Abito vicino al palasport, ci metto cinque minuti a piedi per andarmi ad allenare. Molti compagni hanno casa nei dintorni, e poi c’è tutto ciò che mi serve a portata di mano: il supermercato, un barbiere, il bar sotto casa con un proprietario molto cordiale, così come tutta la gente che incontro. In 10 minuti si arriva in centro, qui è davvero il top».
Nel tempo libero che passioni coltiva?
«Mi piace vivere all’aria aperta, in compagnia. Andare a bere un caffè in centro, fare una passeggiata. Quando sono a casa mi piacere giocare alla X-Box con amici o guardare serie Tv: ora sto vedendo Breaking Bad per la seconda volta. In più mi piace mangiare bene».
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