Basket e terremoto: che storia quella dello scudetto Snaidero ’76

UDINE. «Questo è un diario». Le pagine, 190 in tutto edite da Aviani&Aviani, profumano ancora di stampa quando il professor Flavio Pressacco le sfoglia e indica le prime parole dell’introduzione.
Il suo libro oggi finirà nelle mani del presidente della Fip, Gianni Petrucci, quando il numero uno della nostra pallacanestro alzerà il sipario sugli Europei Under 16 femminili, l’ennesima rassegna giovanile per un Friuli che non dimentica la propria passione per il basket. Sarà un modo per ricordargli idealmente un pezzo della nostra storia: “1976 Lo scudetto dopo il terremoto”.
Per chi ha galleggiato nel mondo della pallacanestro in quegli anni, per chi ha incrociato poi i protagonisti di quella piccola-grande impresa sportiva, il tricolore juniores finito sul petto della Snaidero è ancora un’emozione. Savio, Giampiero Savio, Riva – che per anni dopo era Ezioriva tutto attaccato –, Stefano Andreani, Paolo Pressacco sono un po’ figli della successiva diaspora che hanno continuato a portare il nome di Udine sui parquet della serie A e dell’Europa, con le maglie di Bologna, Verona, Siena, Milano, Trieste, Firenze, Treviso. Erano gli Anni 80.
Lo scudetto e il terremoto: non solo perché quel tricolore conquistato a Bra era arrivato a pochissimi giorni dalla scossa del 6 maggio 1976, esattamente dieci. Un soffio.
«In finale abbiamo superato la Brina Rieti e se date un’occhiata ai nomi dei nostri avversari – racconta quello che per questa generazione di cestisti sarà sempre il coach-professore – vi accorgerete che il sisma i nostri ragazzi l’hanno pagato alla distanza, negli anni, quando fatalmente venne meno la spinta della Snaidero, la casa madre, colpita al cuore nel proprio stabilimento e quindi giocoforza costretta a lasciare il mondo del basket per concentrarsi sull’attività produttiva».
È la verità. Due anni dopo la Brina Rieti, aggiungendo due indimenticabili “mori” come Willie Sojourner e Cliff Meely arrivò alle semifinali scudetto e all’atto finale della Coppa Korac, dove si arrese al Partizan Belgrado: in squadra i reatini avevano Brunamonti, Zampolini, Sanesi, Blasetti, Torda, gli avversari della Snaidero di Pressacco che come vice poteva contare sull’allora baffuto Giancarlo Dose.
«Il referto della finale di Bra è appesa su una parete di casa», racconta il coach svelando quale è il “feticcio” che conserva gelosamente assieme ai ricordi: quei ricordi finiti sulle pagine del libro senza tralasciare particolari, date e immagini, pescate negli archivi fotografici dell’epoca. «L’ho scritto, è un diario, il diario di una vittoria costruita con cinque anni di lavoro, attento e caparbio».
Perciò si comincia a scandagliare la pallacanestro giovanile udinese dalla stagione 1971-’72 per proseguire con la successiva e l’arrivo di Cernich, via via fino al campionato 1975-’76: «La rivalità con la Goriziana scandiva le nostre stagioni e quando siamo arrivati a batterla con un gruppo forte e compatto ci siamo detti: perché dobbiamo fermarci qui? Perché non proviamo ad andare a vincere a livello nazionale?».
Ecco la spinta, ecco la fotografia in bianco e nero di una pallacanestro che a livello regionale forniva giocatori a getto continuo.

Ecco il filo conduttore di “1976 Lo scudetto dopo il terremoto”, punteggiato tra le pagine dalle interviste raccolte da chi ha collaborato nella stesura del volume, Francesco Tonizzo, e poi scelte da Presacco per dare ritmo al suo diario, come quando riporta le parole di Mario De Sisti, allora capoallenatore della Snaidero in A, che a Bra volle dare una mano per studaire a tavolino la semifinale chiave con la Cinzano Milano: «Preparammo una speciale difesa a zona 1-2-2 nel parco dell’albergo dove eravamo alloggiati. La inventammo lì per lì». Che storie, signori. Che basket.
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