Bettiol, il talento che ora punta dritto alle Olimpiadi
Il vincitore della tappa di Stradella: “Il Fiandre mi ha cambiato la vita ma è stata dura riprendermi. Con umiltà cerco la continuità”
STRADELLA. “No, non ho parlato col ct Cassani che ci seguiva sulla moto Rai mentre ero in fuga”. Poi il re della tappa di Stradella, la diciottesima prima della tempesta finale del Giro, precisa: “Non è servito parlare a Davide, ha visto che andavo forte e poi lui è uno che parla sempre con noi. Lui si fida di noi, noi di lui. Certo che voglio andare alle Olimpiadi, è un mio obiettivo. Ho vinto il Giro delle Fiandre quindi nelle grandi corse sopra i 200 km mi son far valere”.
Alberto Bettiol, 27 anni da Castel Fiorentino, corre per la Educational First. E’ un grande talento del ciclismo italiano, si vede da come si descrive. Ripete sempre nella conferenza stampa riservata al vincitore di tappa al Giro questo concetto: “I miei valori fisici sono buoni, li conoscono tutti, ma la continuità…”. E’ questa che manca al toscano. Lui lo sa.
Sa anche quanto sia stata dura uscir fuori da una sbornia come la vittoria del Fiandre nel 2019. “Non l’ho vinta per caso quella corsa – ripete – tutti i tecnici lo sanno. Ma poi quella corsa mi è pesata, mi ha cambiato la vita. Pretendevo sempre di avere delle grandi gambe e di vincere solo avendo delle grandi gambe. Non riuscivo a vincere pur andando forte e poi tutti mi aspettavano al varco”.
Ha scoperto poi un vezzo tipico di chi segue lo sort in Italia Bettiol. “La mia squadra ha sempre creduto in me e non quelli che sono saliti sul carro del vincitore è poi sono scesi”. Preciso, preciso il toscano. E ancora: “Sono umano. Ho un sacco di difetti ho cercato di correggerli. La mia squadra ha sempre creduto in me, ma io dovevo dimostrare molto a me stesso. Insomma, non ero preparato a una vittoria come quella del Fiandre a 25 anni. Questa vittoria al Giro dimostra che chi ha creduto in me ha sempre avuto ragione”.
Un successo di testa quello di stradella, Bettiol lo ripete all’infinito: “Conta sempre la testa specie nella terza settimana di un grande giro. Siamo tutti sulla stessa barca. Potevo solo arrendermi e lasciare che il francese Cavagna andasse a vincere la tappa, invece ho provato aula penultima salita di testa e, visto che la mia squadra mi aveva lasciato libero di fare la mia corsa, volevo correrla appieno e non deluderla. Sapevo che in salita andavo più forte. Ho avuto la forza mentale di scattare in faccia al mio rivale quando l’ho raggiunto, volevo “distruggerlo” mentalmente ma proprio perché le gambe non ci sono più dopo 230 km e tanto caldo a cui non siamo più abituati”, ha detto.
Vince poco Bettiol, con quella di Stradella è il terzo successo in carriera. Il monumento Fiandre 2019, una tappa in una corsa minore in Francia nel 2020. “Non sapete quanto siano arrabbiati quelli che mi seguono per quei pochi risultati che porto a casa. Ma io volevo sempre vincere quando ero al top, da supereroe. Non avevo capito che bisogna anche farlo col mal di gambe. Il ciclismo è uno sport umile, devo lottare rimanendo umile. Sono cresciuto a pane e Giro e per me una vittoria di tappa nella corsa rosa vale oro, ora finirò la corsa tornando ad aiutare il mio capitano Carthy”.
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