«Calciatrici lesbiche» Tavagnacco e Brescia niente finale di Coppa

UDINE. Questa volta il calcio femminile fa sul serio e per protestare contro il presidente della Lega Dilettanti, Felice Belloli - che aveva detto «basta soldi a quelle quattro lesbiche» - blocca la finale di coppa Italia in programma sabato: non giochiamo più se non si dimette.
Protagoniste di questa clamorosa rivolta il Tavagnacco e il Brescia, che avrebbero dovuto scendere in campo per l’atto finale della stagione, in accordo con le colleghe dei campionati nazionali.
Le atlete non si sono insomma limitate a manifestare la loro indignazione a voce, esponendo gli striscioni in campo e ritardando di un quarto d’ora le gare dello scorso week-end, sono passate ai fatti, salendo sulle barricate. La clamorosa presa di posizione - che non ha eguali nella storia non solo del “pallone rosa”, ma del calcio dilettanti - è stata presa ieri dopo una riunione a Roma organizzata dall’Associazione calciatori e dall’Associazione allenatori alla quale hanno preso parte tecnici e presidenti dei club di A e B.
Sul comunicato emesso al termine dell’incontro si sollecitano le dimissioni del numero uno della Lega dilettanti, “conditio sine qua non” per riprendere l’attività e disputare la finale di Coppa Italia in programma ad Abano Terme, che a questo punto potrebbe anche cambiare sede.
«É il momento giusto per fare valere i nostri diritti – ha spiegato anche l’allenatrice del Tavagnacco Sara Di Filippo –: chiediamo che Belloli si dimetta e che il calcio femminile lasci la Lega dilettanti per andare a fare parte della Figc».
«Appoggio appieno la battaglia delle ragazze – ha aggiunto il ds della società friulana Glauco Di Benedetto – perchè così non si può andare avanti. Penso che sia giusto che le calciatrici vengano considerate delle professioniste come succede in molti campionati europei. In Francia il Paris Saint Germain ha un budget di 8 milioni di euro, mentre da noi si va avanti soltanto grazie a tanto volontariato».
Patrizia Panico, “istituzione” del football femminile e attaccante del Verona e della Nazionale, è andata oltre esortando i colleghi calciatori a «un gesto di solidarietà, anche solo un tweet, per mostrare che il mondo del pallone è unificato». «Vogliamo un incontro con Tavecchio, giocheremo la finale di coppa Italia solo se verrà detto pubblicamente che dobbiamo diventare autonome».
C’è la netta impressione che l’infelice frase uscita dalla bocca di Belloli - anche se il presidente della Lnd continua a negare, vedendo però diminuire le persone al suo fianco - si sia rivelata la scintilla ideale per dare fuoco alla miccia e scatenare quella rivolta che da anni nel mondo del calcio femminile era nell’aria, ma nessuno era stato capace o coraggioso di provocare.
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