Ciclismo, il futuro di Milan secondo il ct Villa: Jonathan punta in alto, è come Viviani

Antonio Simeoli

I ciclisti sono in vacanza, anche in spiagge lontane, al caldo, a lui, il signore della pista, il compito dei bilanci e dei “compiti per casa” per i nostri giovani campioni o sulla via per diventarlo, Jonathan Milan e Manlio Moro, e altri.

Marco Villa, 53 anni varesino, due volte campione del mondo dell’americana, è il ct dell’Italia su pista. Da quest’anno anche del settore femminile. È legato al Friuli, e ai talenti friulani, non a caso sabato era al matrimonio tra Elena Cecchini ed Elia Viviani. Ci torneremo.

Ct, la stagione è finita, partiamo dai voti: quanto dà a Milan e Moro?

«Dieci. E anche agli altri azzurri. Ai ragazzi del quartetto avrei dato anche la lode se non avessimo perso nella finale mondiale qualche centesimo qua e là, ma può succedere e ci sono anche gli avversari».

Niente da rimproverare?

«Macché anzi. Partiamo da Milan: lo devo ringraziare perché si è sacrificato a fare la partenza senza che avessimo avuto modo di provarla. Ma lui è un talento, nel quartetto può correre alla grande in tutte le posizioni».

Che differenza c’è nei ruoli del Frecciarossa azzurro?

«La partenza è delicatissima. Bisogna scaricare potenza in pochi secondi, Milan lo sa fare e infatti anche nella specialità del chilometro da fermo sa andare forte».

La finale con derby italiano tra lui e Ganna è entrata nella storia. Alla fine il friulano si è detto deluso. Eppure ha perso con un fenomeno...

«Jonathan è così, come Viviani: vuole sempre vincere, altrimenti non sarebbe un campione. Puntava molto al titolo, purtroppo per lui ha trovato un fenomeno che è duro da battere quando va così. E attenzione, l’ho detto e ridetto a Milan e l’ho ripeto: quel fenomeno di Ganna per batterlo ha dovuto fare il record del mondo. E Jonny ha corso a 22 anni l’inseguimento in 4’03”, a quell’età Ganna quei tempi non li faceva. Quindi il futuro è tutto suo».

Ma il bujese avrà un difetto no?

«(ride ndr). Tutti li hanno, quando non li si ha più è ora di smettere. Sì, deve credere di più nei suoi mezzi. Vi racconto un aneddoto: era in pista da una settimana a preparare il Mondiale quando ha ricevuto, a sorpresa, dalla sua Bahrain Victorious la convocazione per il Giro di Croazia. Era perplesso, avrebbe voluto restare a preparare il Mondiale di Parigi. Io l’ho persuaso ad andare a prendersi la sua occasione. Risultato: due tappe vinte, le prime da pro, un numero in salita dove ha resistito a un certo Vingegaard, e grande lavoro per la squadra. Il tutto correndo nei giorni prima in pista. E poi prima della finale del quartetto, lo vedevo teso per il fatto di dover fare la partenza. Gli ho semplicemente detto: Jonny un campione olimpico a 21 anni non ha paura di nulla».

Quindi la pista fa bene...lei l’ha sempre detto.

«Certo, da sempre. Il mio amico Martinello nel 1996 ebbe la miglior stagione su strada e vinse su pista l’oro alle Olimpiadi di Atlanta...Viviani da sempre è la dimostrazione che i due mondi sono complementari ».

Veniamo a Manlio Moro: l’ha stupita?

«No, lo seguo dalle categorie minori e l’avevo già testato negli eventi internazionali. Manlio è stato bravissimo. Gli ho dato fiducia perché entrare in un quartetto con quattro campioni olimpici non è facile, ma lui lo ha fatto con talento, carattere e disinvoltura».

Ct, nel 2024 alle Olimpiadi di Parigi riavremo un quartetto mezzo friulano?

«Beh, ci sono buone probabilità. Jonny è un campione olimpico, Manlio si è guadagnato a suon di prestazioni di far parte del gruppo che lotterà per un posto a Parigi».

Lei in sei giorni ha accompagnato Ganna a due record strabilianti: l’ora e il titolo mondiale con primato sotto i 4’. Eppure l’inseguimento Pippo non lo voleva correre. Come ha fatto a convincerlo?

«Ho cercato di farlo ragionare e dirgli che non c’erano contro, ma tanti pro nel correre quella gara. I ragazzi hanno fatto lo stesso. “Prova a fare il record del mondo” gli abbiamo detto, la condizione era super. Ovviamente dispiace per Jonny, che però, ripeto, ha tutto il futuro davanti. Questi ragazzi non hanno limiti, basta guardare i tempi che fanno ed è un piacere allenarli. Ci sarebbe un altro aneddoto...».

Prego...

«Ganna a volte non sa ancora lui quanto vale. Ma una cosa è certa, in pista si rigenera. Quest’anno fino ai Mondiali non aveva mai fatto una gara in pista, eppure era venuto tante volte al velodromo di Montichiari ad allenarsi solo perché sentiva il desiderio di farlo e lo riteneva necessario per prepararsi anche alle corse su strada. Ecco lui è la dimostrazione del mio metodo: se io riesco a restituire ai team atleti vincenti su strada dopo il lavoro in pista vuol dire che ho raggiunto l’obiettivo».

E con lei ct ha vinto il Mondiale anche il quartetto donne...

«Fermo là. Ho ereditato un gruppo competitivo. Bastava un attimo per fare peggio. Tra le ragazze c’è tanto talento, non sarà facile scegliere le 5 per il quartetto olimpico. C’è il talento della Balsamo, che ha un effetto trainante, e poi ci sono Chiara Consonni o Martina Fidanza, che tra altro si allena in Friuli al CtFLab. Sono fortunato».

La pista azzurra è in salute, eppure in Italia c’è solo il velodromo coperto di Montichiari...

«Intanto mi faccia dire una cosa: a San Giovanni al Natisone e a Pordenone con il Bottecchia avete in Friuli due belle strutture, so che anche a Buja a casa di Milan qualcosa si muove per un velodromo coperto (la pratica però sembra arenata ndr).Sì, il miracolo della pista ormai è fatto con talenti come Viviani, Ganna, Milan, Moro e gli altri. Il problema è che ora bisogna sfruttare il momento per dotare il Paese di strutture in cui i nuovi Ganna e Milan si possano allenare. Altrimenti questo miracolo sarà inutile».

A proposito, il primo tra i pro a credere nella pista è stato il novello sposo Elia Vivani. Concorda?

«Certo, è lui il punto di riferimento del gruppo e sono enormemente felice che abbia sposato la splendida Elena. Sono reduce dalla loro meravigliosa festa di nozze. Oltre che due campioni sono persone speciali. E avrei un altro aneddoto...».

Villa, l’abbiamo chiamata per questo...

«Era il 2012, tornavamo dai mondiali di Minsk ed Elia mi avvicina e mi dice di essersi fidanzato durante la spedizione azzurra con la Cecchini. Io non mi ero accorto di nulla...».

Lei che impegni ha tra una ventina d’anni?

«Spero di essere in pensione».

E se arrivasse un “Vivianino” o una “mini Cecchini” al velodromo?

«Fortunato chi li allenerà, il talento sarò assicurato».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto