Dal Cin avvisa l’Udinese: «Contro il Sassuolo vietato perdere»

Il dirigente era presidente della Reggiana quando venne costruito lo stadio di Reggio Emilia: «Fondamentale tenere a distanza i neroverdi, poi altri sette punti l’Udinese da qualche parte li farà»

Massimo Meroi
Franco Dal Cin e, a destra, Lorenzo Lucca durante la gara d’andata finita 2-2 (foto Petrussi)
Franco Dal Cin e, a destra, Lorenzo Lucca durante la gara d’andata finita 2-2 (foto Petrussi)

UDINE. L’Udinese si giocherà una consistente fetta di salvezza lunedì primo parile nello stadio che Franco Dal Cin costruì quando era presidente della Reggiana. «Uno stadio friulano: l’architetto era Aldo Pavoni, l’impresa edile era quella di Roberto Turello», ricorda con dovizia di particolari a distanza di quasi trent’anni (era il 1995).

Dal Cin, si sarebbe mai immaginato a inizio stagione Udinese e Sassuolo così dentro la lotta per la salvezza?

«Onestamente no. Ho sempre avuto grande ammirazione per le qualità manageriali dei Pozzo. Nei limiti della disponibilità economica hanno fatto grandi cose. Dopo l’acquisto del Watford si viaggia un po’ al minimo, ovvero si punta alla salvezza e non si sogna più. Mi sorprende maggiormente la posizione del Sassuolo che ha investito parecchio. Lo scorso anno ho visitato il loro centro sportivo: eccezionale».

Come si spiega tutte queste difficoltà?

«Va detto che a entrambe le squadre è girato quasi tutto storto. A volte gli imprevisti ti fanno saltare la programmazione e quando ti ritrovi nelle sabbie mobili non è detto che tu riesca a uscirne».

Un anno fa lei andò a vedere la partita a Reggio Emilia.

«Prima di quella gara dissi che l’Udinese sarebbe stata la squadra rivelazione. E senza l’infortunio di Deulofeu la mia previsione sarebbe stata azzeccata».

I Pozzo per sostituire il catalano hanno preso Thauvin che ci ha messo un po’ per tornare un giocatore vero.

«A me non convince, non lo vedo così determinante, è bellino da vedere ma non ti fa vincere le partite».

L’Udinese non ha vinto nemmeno uno scontro diretto. Si è dato una spiegazione?

«I giocatori vincono le partite dove le motivazioni sono automatiche, ovvero contro grandi avversari. Giocano senza paura e viene fuori il loro reale valore. Questo significa che il difetto sta nel motivatore, ovvero nel tecnico».

Dal Cin, lunedì a Reggio Emilia si giocherà in uno stadio semivuoto...

«E questo è un particolare che un po’ mi preoccupa. Classifica alla mano per l’Udinese è fondamentale non perdere. Poi gli altri sei-sette punti che mancano i bianconeri li faranno».

A metà stagione Lecce e Frosinone sembravano essersi messe al sicuro, invece così non è stato.

«Era abbastanza prevedibile, soprattutto per il Frosinone, quasi troppo bellino per essere vero. Il mio amico Angelozzi ha fatto i miracoli costruendo una squadra di prestiti, ma vedo i ciociari in difficoltà».

Considerato che la Salernitana a parte, qual è a suo avviso la terza candidata alla retrocessione?

«Forse proprio il Sassuolo. Se non batte l’Udinese non vedo come possa rimontare poi quattro punti».

La sorpresa, forse è il Verona.

«Non c’è stata una partita in cui l’Hellas non se la sia giocata fino alla fine anche con le grandi. La squadra è stata cambiata molto a gennaio, vuol dire che dietro c’è qualcosa di sostanzioso. Bravi il ds Sogliano e mister Baroni».

Tra le note positive della stagione dell’Udinese bisogna citare Lucca...

«Vero. A inizio stagione avevo delle perplessità, lo vedevo lento, impacciato; nel corso del campionato è cresciuto molto, aiuta la squadra a salire, ha segnato sette gol e, particolare da non trascurare, sulle palle ferme è molto utile anche in fase difensiva».

L’Udinese dei Pozzo nella sua storia dopo due grandi paure, quelle del 2002 e del 2010, ripartitì con due guide tecniche come Spalletti e Guidolin. Sarà così anche stavolta?

«Non lo so, però se ho un rimprovero da fare ai Pozzo è proprio nella scelta degli allenatori. Se c’è una programmazione sui giocatori, non vedo altrettanto sui tecnici. Bisogna andare a cercarli in serie C, seguirli non per uno ma per almeno due anni e non attraverso i giornali»

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