Dante Rossi, dal Chions al sogno di giocare a Wembley: «Ci ho lavorato tanto e ora spero si avveri»

Il difensore del Chions ha origini di San Marino: è titolare in nazionale. Giovedì 25 la sfida all’Inghilterra, ma un infortunio lo tiene in forse 

Wembley: la cattedrale del calcio nella terra del calcio, la casa dell’Inghilterra. Uno dei sogni di tutti coloro che hanno calciato un pallone, a qualsiasi livello.

Un sogno che il difensore Dante Carlos Rossi – nato a Guerrico, paesino della provincia di Buenos Aires, il 12 luglio del 1987 e che veste da qualche settimana la maglia del Chions – potrebbe vivere giovedì 25 marzo, alle 20.45, per il match di qualificazione ai mondiali in cui la nazionale di San Marino, di cui ha ottenuto da poco più di un anno la cittadinanza grazie alle origini del bisnonno materno, sarà al cospetto dei Tre Leoni.

Rossi è arrivato qui per scoprire le proprie radici, prima di metterle al centro della difesa del ct Franco Varrella, ex secondo di Sacchi nel’ 96 con gli azzurri. Il condizionale però è d’obbligo perché domenica, al debutto con la maglia del Chions, un colpo al volto gli ha causato un trauma cranico: ha trascorso una notte in ospedale a San Vito al Tagliamento e ora la sua presenza a Wembley è in forse. Ma lui è fiducioso.

Rossi, innanzitutto come sta?

«Fortunatamente meglio, grazie. Sto riposando per riprendermi e giocare: mercoledì 24 il gruppo parte per Londra. Voglio esserci».

Un sogno che si avvera...

«Sì, per il palcoscenico e per come ci sono arrivato. Ho aspettato oltre dieci anni, una vecchia legge non permetteva a chi avesse una discendenza sammarinese da parte del bisnonno di ottenere la cittadinanza. Fortunatamente l’hanno cambiata».

Com’è arrivato in nazionale?

«Grazie ad amici avevo conosciuto dei ragazzi della nazionale di San Marino, che mi hanno messo in contatto con questa realtà. Ci ho sperato da quando avevo 20 anni, anche se stavo iniziando a preoccuparmi per via dell’età. Sono rimasto in contatto con la federazione anche grazie a Massimo Bonini, ex gloria sammarinese della Juve che fa tanto per il nostro movimento».

Nel novembre scorso, avete inanellato per la prima volta nella storia due risultati utili, due 0-0 contro Liechtestein e Gibilterra. Dopo la seconda gara si è commosso in diretta tv: quanto la emoziona essere qui?

«Tanto, non solo per il calcio. Fuori dal campo sto capendo le mie origini. Nella nostra storia sportiva ci sono stati risultati negativi, ma il calore della gente è incredibile. I miei compagni mi fanno emozionare: lavorano durante il giorno, non vivono di calcio, ma danno sempre il massimo».

Lei con San Marino ha giocato cinque gare, sempre da titolare: dai risultati state crescendo...

«Sì, anche se noi dobbiamo giocare al di là del risultato. Ora affrontiamo avversari top, dopo l’Inghilterra avremo Ungheria e Albania in casa (domenica 28 e mercoledì 31 marzo) e con loro saremo ovviamente più chiusi in difesa. La Nations League, invece, ci permette di affrontare squadre più piccole: Gibilterra, Andorra, Lichtestein. Con loro giochiamo più spensierati e questo ci aiuta a crescere».

In Argentina come si è sviluppata la sua carriera?

«Ho giocato nelle giovanili del Newell’s Old Boys di Rosario, squadra che fu di Maradona e Messi. Poi tanta terza e quarta divisione, le vostre C e D».

E poi com’è arrivato al Chions?

«Grazie al preparatore atletico del San Marino Paolo Baffoni, che aveva avuto mister Rossitto all’Udinese. Ci ha messi in contatto, ho sentito il l’allenatore e ci siamo accordati. Ai tempi ero al Chiesanuova, in Promozione nelle Marche dopo aver giocato un anno nel campionato sammarinese».

Non si è pentito, visto la stagione difficile, di essere arrivato in gialloblù?

«No, siamo forti. Il Chions ha una cosa che per la mia esperienza è fondamentale nel calcio: uno spogliatoio unito. L’ambiente e il mister sono al top, sono grato a tutti loro. È stato addirittura il presidente Bressan a accompagnarmi a casa dall’ospedale, dopo l’infortunio di domenica. Lo abbraccio. Domenica con la Manzanese è difficile ma possiamo vincere contro chiunque: ci salveremo». —

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