Donatello, 10 anni fa lo scudettino ecco dove sono quei Giovanissimi
Simone Fornasiere / udine
Ricorrenza speciale in casa Donatello: dieci anni fa la squadra guidata da Massimiliano Giatti (oggi all’Udinese “Under 17” ) conquistava – ultima in Regione a farlo – il titolo di campione d’Italia nella categoria Giovanissimi. Decisiva la vittoria, nell’ultimo atto della “Final 6” contro la Sestese, grazie alla rete di Luca Rinaldi, ora in forza alla Sanvitese.
«Quello resta il ricordo sportivo più bello della mia vita – le parole del tecnico –. In noi, che eravamo arrivati alle finali nazionali di Acireale anche la stagione precedente, c’era voglia di rivalsa, consci di esserci conquistati una seconda possibilità da non sprecare; nonostante, unici di tutta la fase finale, schierassimo quattro ragazzi sotto età (i ’96 Caucig, Puto, Fabbro e Banelli, ndr). La vittoria finale è stata il coronamento di una grande stagione, chiusa senza sconfitte, pareggiando solo con il Montebelluna nella gara decisiva della fase triveneta; quella è stata la svolta, contro una squadra fortissima che, si fosse qualificata, avrebbe vinto come noi».
Ma, se da un lato sportivo, il ricordo è positivo, dall’altro resta il grande quesito sul perché, nonostante il titolo, siano stati solo due i giocatori (Michael Fabbro ora al Pisa e Roberto Codromaz alla Triestina) ad aver preso la strada del professionismo. «Arrivare in serie A – continua Giatti – non è così facile come sembra. L’asticella, a quel livello, è davvero alta, anche se sono rimasto deluso perché mi aspettavo che qualcun altro toccasse il professionismo. Puto (ora in forza al Rive d’Arcano, ndr) per esempio è andato al Milan arrivando fino alla “primavera”, ma mi aspettavo un percorso simile lo facessero anche Grion e Tuniz, i quali non ce l’hanno fatta. Gli scudetti a livello giovanile, per quanto di vitale importanza, non sono sinonimo di carriera certa. Il calcio dipende da molti fattori, ma è giusto che ogni ragazzo culli il sogno di diventare professionista seguendo le regole, mettendoci sacrificio e passione». Proprio come ha fatto Andrea Petagna, attaccante che faceva parte della formazione sconfitta l’anno precedente alla finali di Acireale. Per lui, a fine stagione, arrivò la chiamata del Milan e da lì partì la scalata. Con lui, però, il Donatello non vinse lo scudetto: solo il calcio, come sempre, regala strani destini. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto