Ecco Vertemati, il coach capolavoro racconta l’impresa dell’Apu

Il condottiero dell’Old Wild West, in redazione al Messaggero Veneto: «Cavalcata fantastica, ecco i segreti». La svolta? «Dopo il ko a Cividale abbiamo messo a posto un po’ di cose extrabasket»

Antonio Simeoli e Giuseppe Pisano
Coach Adriano Vertemati nella redazione del Messaggero Veneto
Coach Adriano Vertemati nella redazione del Messaggero Veneto

 

Sorride, non smette di farlo. Ora è il coach dell’Apu Old Wild West che giocherà la serie A, nella mente sta già pensando a come farla vincere anche al piano sopra la sua creatura, intanto coach Adriano Vertemati ha fatto visita alla redazione del Messaggero Veneto per rivivere la stagione del trionfo.

«Con Cantù al Carnera, a inizio marzo, abbiamo capito che potevamo perderlo solo noi il campionato, giocando in quel modo la semifinale di Coppa senza 3 giocatori ne abbiamo avuta la conferma».

Coach, domenica Alibegovic segna la tripla della staffa e lei...

«Alzo le braccia al cielo e penso che è finito un mese e mezzo in cui aspettavamo solo quel momento. La fortuna è stata che due settimane fa abbiamo giocato tre partite: in allenamento non c’era nulla da aggiungere, ma il tempo non passava mai».

Vertemati e il match promozione dell'Apu: "Ho detto ai ragazzi di andare in campo con bastoni e non con i fiori"

La partita della svolta? Il derby perso a Cividale?

«Dopo quella sconfitta il presidente ha reagito con grande equilibrio incoraggiandoci e poi la squadra ha risolto alcune cose non tecniche. In sostanza, ha capito che, rinunciando ognuno a qualcosa, si poteva vincere. C’è stato una sorta di patto per la vittoria. Le cose di basket le abbiamo sistemate dopo».

Johnson più vicino a canestro?

«Xavier da numero 5, arrivava a prendere i rimbalzi in corsa, fenomenale. Da Verona si è vista la nuova Apu».

Spiega anche a noi due, nostalgici degli anni ’80-’90, come si fa a vincere senza pivot?

«Assemblando i più forti giocatori a disposizione, ricordando che costruire buoni tiri da fuori consente di segnare di più e, soprattutto, se ne producono tanti per accontentare i dieci giocatori forti a disposizione».

A chi vuole dire grazie?

«Alle persone che mi stanno vicino, a mia figlia lontana. Alla società e ad Andrea Gracis che hanno creduto in me. Ai giocatori, che si sono fatti allenare da me e hanno giocato anche per me».

Lei è tornato subito a casa in Lombardia lunedì mattina: a cosa ha pensato per strada?

«Ho risposto a 300 messaggi, parlato con le 2-3 persone a cui vuoi palare. Si crea una situazione di vuoto, cala l’adrenalina».

La vostra difesa a un certo punto è salita di livello.

«È stata nettamente la migliore difesa del campionato, contando che molte partite le abbiamo vinte facili al terzo quarto. Abbiamo avuto grande disponibilità e mentalità, Johnson poteva marcare chiunque come con Cividale quando ha fermato Redivo».

Il suo amico coach Trinchieri ha detto che vi hanno letto solo la targa ma da lontano.

«Non hai mai questa sensazione, quando alleni hai sempre i tuoi mostri. Ma chiunque incontravamo ci diceva che eravamo la squadra più forte. Soprattutto i miei colleghi».

Il momento più difficile?

«Abbiamo fatto una complicatissima pre-stagione, con un caldo tremendo che ci ha impedito di allenarci come volevamo. Al Memorial Pajetta sembravamo zombie, a Rimini siamo calati nella seconda parte del match».

Il gruppo è apparso granitico. Ci regala una frase per ciascuno? Partiamo dal suo staff.

«È stato perfetto, a partire dai miei due assistenti e da Giorgio Santolini. Poi il preparatore Daniele Missarelli e il professor Luigino Sepulcri, che con gli infortunati ha avuto un gran lavoro».

Stefanelli ha deciso la partita con l’Urania, ma ha giocato poco per infortunio eppure domenica piangeva come un bambino...

«È stato fondamentale»

Pini?A Desio con Cantù ha difeso come un leone...

«È il vecchio saggio, era il deputato a dirmi se il video prepartita era comprensibile».

Pullazi?

«La società a gennaio mi ha preso tempestivamente il migliore in circolazione. Lui è Pippo Inzaghi: gli dai la palla e fa gol».

Anche Pepe a Rieti un mattone l’ha messo...

«È un soldato, di quelli che vuoi avere in guerra»

Ikangi?

«L’equilibratore che difende sul più forte e segna triple dall’angolo decisive. È un role player perfetto, esce dalla panchina. Può starci anche in A».

Lei ci aveva detto un anno fa che Da Ros era quello del controllo qualità in spogliatoio, eppure anche in campo ha fatto la differenza.

«Ha esordito senior con me a Monza, con Matteo è un cerchio che si chiude. È stato determinante come giocatore: è la cosa più bella che gli si possa dire».

Bruttini?

«Mi ha dato una mano incredibile: non ha mai detto una parola sbagliata, mai saltato un allenamento. È stato un esempio di come ci si comporta in un gruppo vincente. E quando giocato ha fatto bene».

Ambrosin, negli ultimi due mesi, ha giocato da veterano...

«Esemplare dal primo giorno, Ambro è cresciuto in consapevolezza capendo come essere utile alla squadra».

Johnson?

«Xavier è un gamer, gioca le partite. Sapevo che lui aveva vinto qui con Verona con la mano rotta. Se un americano si sacrifica a giugno con una frattura significa che dentro ha qualcosa: l’ha dimostrato».

Il capitano?

«Credo che Alibegovic abbia giocato la migliore stagione della sua carriera per solidità, costanza e controllo emotivo».

Hickey?

«Sùbito con Toni si è creato un gran feeling, giocava una pallacanestro un po’ diversa da quella che volevo io, gli sono andato incontro, lui ha apprezzato. È stato riconosciuto come il faro e adorato dai compagni e alla fine ha fatto anche un po’ delle cose che io volevo da lui all’inizio: magnifico».

Cosa può fare in A?

«Farà danni alle difese avversarie».

Lollo Caroti, il suo pretoriano.

«È un vincente, si è trovato Hickey a inizio stagione, ha capito che Toni era fuori categoria, si è fidato di me ed è stato decisivo. Altrimenti non vinci tre campionati a caso».

Gracis?

«Ha creduto in me. Entrambe siamo persone equilibrate, questo ci ha aiutato ogni volta che tornavamo in palestra dopo una vittoria bellissima o dopo un ko come Livorno, che abbiamo subito metabolizzato».

Coach, la prossima settimana con Gracis e il presidente comincerete a parlare della prossima stagione. Come dovrà essere la sua Apu?

«Intanto dico che è triste che la squadra dovrà essere cambiata perché ci saranno cinque o sei stranieri, ma questo gruppo amato dal pubblico e questa impresa resteranno. Poi saremo competitivi partendo già da una base di 4-5 giocatori».

Domani giocate a Pesaro, sarà una trasferta dolcissima vero?

«Sì, abbiamo dato la possibilità ai ragazzi di portare anche le loro famiglie: in campo faremo il massimo possibile».

Dove può arrivare il suo amico Pillastrini con Cividale?

«A Cividale non ha per qualità, profondità del roster e fattore campo nulla di meno che Rimini, Cantù e Fortitudo, tutte squadre già battute».

Chi vincerà lo scudetto?

«Milano».

E l’Eurolega?

«Olimpiakos o Parigi. Mettetela Parigi, che se vince faccio il botto».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto