Il basket da Fuss a Cuccarolo la storia dei giganti a Udine

I pinnacoli, anche in un mondo di giganti, hanno sempre attirato l’attenzione e solleticato fantasie sportive dei tifosi: così è successo nel momento dell’annuncio dell’ingaggio dei 221 centimentri di Gino Cuccarolo per il prossimo campioato di A2 della Gsa, così è stato anche nell’autunno del 1975, quando a Udine arrivò dal Brasile l’allora quindicenne Tonino Fuss, figlio di emigranti cadorini che andarono decenni prima a cercar fortuna in Sudamerica.
Un’intuizione di Momi Variola, imprenditore friulano che si occupava di mulini ed export di prodotti agricoli, zio di Stefano Veritti, allora dirigente del settore giovanile arancione e quindi vicino al front office della Snaidero, lo segnalò al club udinese che aveva appena salutato il grandissimo Jim McDaniels, tornato negli States dopo una sola e per tanti versi indimenticabile stagione in Friuli. Al suo arrivo Fuss misurava “solo” 212 centimetri, ma a causa di un problema alla ghiandola pituitaria, comune ad altri giganti del mondo del basket, dallo spagnolo Duenas al rumeno Muresan, continuò a crescere fino a sfiorare quota duemetrieventi: i problemi di crescita di Tonino terminarono solo dopo un’operazione a cui si sottopose qualche anno dopo negli Stati Uniti grazie ai buoni uffici dell’allora presidente Apu Marzona e dell'insigne cardiochirurgo udinese Paolo Esente.
Tonino Fuss, che venne dapprima aggregato al settore giovanile, finendo però ben presto in prima squadra, non esaltò le folle sui campi di pallacanestro: dopo Udine, dove giocò fino al 1982-’83, anno in cui sulla panchina friulana sedevano il compianto Massimo Mangano e il giovanissimo Ettore Messina (e in campo evoluiva il meraviglioso James Percival Hardy), il gigante oriundo dalle caviglie e dalle ginocchia fragili si trasferì armi e bagagli a Napoli, dove praticamente giocò l’intero decennio successivo, salvo una stagione a Torino, una sull’isola di Capri e il fine carriera a Campobasso.
Le sue medie, registrate in un periodo in cui la poesia delle gesta sul parquet aveva priorità sulle statistiche registrate in modo sistematico, parlano di un paio di punti e un paio di rimbalzi a gara in meno di 10 minuti di utilizzo medio nelle 306 partite disputate in serie A. Chiedendo ai tanti aficionados che ricordano con grande piacere quell’epoca in arancione, quando la Snaidero era seduta al commensale con le migliori squadre italiane e sfidava il monopolizzante triangolo Milano-Cantù-Varese, sono in molti a simpatizzare ancora per quel timido lungagnone di Barra Bonita, città dello stato di San Paolo. La mitica Fiat 500 su cui si spostava appariva una sorta di miracolo su quattro ruote: come poteva contenere quelle chilometriche gambe? E anche a Napoli, ancora oggi si chiedono come facesse Tonino a sedersi sul sedile anteriore della Fiat 124 con la quale viaggiava per i vicoli partenopei.
Proprio la società campana lo mandò addirittura ad allenarsi con il mitico Pete Newell, santone americano che insegnò a giocare a tutti i grandi pivottoni del basket Nba: forse in pochi si ricordano che in maglia napoletana giocò da back-up di quel Toni Costner che poi arrivò anche a Udine nell’allora Fantoni, peraltro senza lasciare troppe tracce. Viste le sue interminabili “chele”, aveva la possibilità di oscurare la visuale quasi a chiunque su un campo da basket: non fu mai un protagonista assoluto, ma il piacevole ricordo che Tonino Fuss ha lasciato dovunque è passato la dice lunga sulle qualità umane che il 2.18 ex snaiderino, che oggi vive ancora in Italia. Nel nostro campionato, sono passati negli anni altri interminabili atleti: il 2.26 russo Podkolzine a Varese, il 2.24 maltese Deguara a Treviso, addirittura il mitico Manute Bol, 2.31 che fece la storia come stoppatore ed estemporaneo tiratore da tre nella Nba e poi a Forlì, dov’era allenato da Massimo Mangano, che evidentemente aveva un debole per i grattacieli umani, lui che era così piccolo.
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