Il caso del coro anti-Napoli: la grande maggioranza non ha cantato, ripartiamo da lì - Il commento

È sostanzialmente una questione di civiltà. Noi, magari andiamo contro corrente, ma l’udito è ancora buona ed eravamo allo stadio in un buon numero, i cori anti-napoletani, li abbiamo sentiti nitidamente allo Stadio Friuli, ma con un distinguo che va fatto. Nel momento chiave, quando cioè, inopinatamente, i tifosi organizzati della Roma, dopo aver flirtato con gli ex “nemici” friulani insultando il Napoli, hanno cantato a squarciagola il vergognoso coro: “Vesuvio lavali col fuoco». Lì lo stadio ha avuto un sussulto, dalla curva, è innegabile, qualcuno è cascato nel tranello. Più di qualcuno, ma non la maggioranza.
Perché, ci risulta, nella Nord abbiamo più di qualche “inviato”, i capi ultras hanno inequivocabilmente detto alla folla di non replicare, di non cadere nel tranello. Di non cadere così in basso.
È vero il web, specie nel calcio, è un vomitatoio di insulti e attacchi, giustamente il “mondo” Napoli ha invitato la Federcalcio a prendere una posizione chiara e netta. Il presidente Gravina ha stigmatizzato i cori dello Juventus Stadium e del Friuli, lo ha fatto anche il presidente del Coni Malagò. A noi però quel sonoro, inequivocabile, a metà del primo tempo però è restato nella mente.
Gli applausi romanisti ai friulani, amici da oltre dieci anni, lo striscione di solidarietà alla nostra gente (vogliamo sperare per le recenti calamità in Carnia), poi quel coro. Vergognoso.
Lì in tanti, davvero tanti, anche nella tifoseria più accesa hanno usato il cervello, hanno pensato che lo sport in fondo deve unire. Sì, si può fare sport, calcio, senza insultare ma solo applaudire la propria squadra. Senza augurare la morte a qualcuno. Il Messaggero Veneto, con la Figc, in vista degli Europei Under 21 del 2019, sta partecipando con la nostra “Redazione scuola” a un progetto che vuole unire, educare al rispetto. La speranza è che la prossima volta a cantare e insultare siano ancora in meno. —
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