Il pm: 18 anni all’orco della Valcellina
CLAUT. Il pubblico ministero Cristina Bacer ha chiesto la condanna a 18 anni di carcere per colui che è stato ribatezzato l’orco della Valcellina. La sentenza è attesa per il 5 maggio. E’ questo l’esito dell’udienza di ieri, davanti al gup di Trieste Laura Barresi.
Il processo si celebra con rito abbreviato che, in caso di condanna, prevede lo sconto di un terzo della pena. La difesa, sostenuta dall’avvocato Alessandra Nava, punta sull’improcedibilità per una serie di episodi e sulla prescrizione per altri, mitigando in questa maniera un eventuale esito sfavorevole all’imputato, un poco più che cinquantenne autotrasportatore che era presente all’udienza.
I due distinti filoni di indagine erano stati riuniti all’inizio dell’anno. L’autotrasportatore è accusato di violenza sessuale aggravata e induzione alla prostituzione minorile. E’ accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di 15 minorenni sui quali avrebbe compiuto abusi in un decennio. Alcuni li avrebbe contattati su Facebook altri sarebbero stati affidati a lui in custodia da conoscenti, che contavano in buona fede sulla sua disponibilità. Questa l’indagine della procura di Pordenone.
La procura distrettuale antimafia di Trieste indagava invece sulle offerte di denaro e piccoli regali (ricariche telefoniche e vestiti firmati) dell’uomo in cambio di prestazioni sessuali dalle vittime. Da qui ha prevalso la competenza superiore del tribunale di Trieste.
L’eccezione di incompetenza territoriale era stata esaminata lo scorso autunno dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pordenone Roberta Bolzoni, che l’aveva accolta.
All’esito della discussione ieri le parti hanno depositato le loro conclusioni. Per il pubblico ministero l’autotrasportatore è colpevole: 18 anni di reclusione ottenute col riconoscimento delle aggravanti (rapporto affidatario e parentela) e la continuazione.
La difesa punta a ottenere l’improcedibilità per una serie di episodi e la prescrizione per altri. Dal 1996 al 2006 si sono succedute due leggi in materia laddove è stato riconosciuto che ciò che in passato era procedibile per querela ora lo è d’ufficio. Secondo il difensore non si può procedere per i primi episodi contestati, visto che le querele erano state sporte nel 2011 all’esito delle deposizioni testimoniali davanti ai carabinieri che condussero le indagini.
Una tesi che non trova d’accordo il pubblico ministero, secondo il quale tutti gli episodi rientrano nella procedibilità grazie alle aggravanti contestate. Se il gup dovesse invece accogliere la tesi difensiva, molti dei capi di imputazione andrebbero a cadere.
Nessuna delle vittime si è costituita parte civile al processo; le parti offese risultato 18. La sentenza il 5 maggio.
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