Infinito Guidolin: quarant’anni tra campo e panchina

«Il 4 agosto del 1973 il primo giorno di ritiro con il Verona. Quel calcio mi piaceva di più, oggi conta solo l’immagine»
Arta Terme (Ud) 2 Agosto 2013. Ritiro Udinese calcio. Alenatore Francesco Guidolin. Foto Petrussi Foto Press
Arta Terme (Ud) 2 Agosto 2013. Ritiro Udinese calcio. Alenatore Francesco Guidolin. Foto Petrussi Foto Press

ARTA TERME. Questa volta l’amata bicicletta non c’entra, perché non è con quella che ieri Francesco Guidolin è passato sotto lo striscione d’arrivo più ambito della sua vita professionale, i quarant’anni di carriera calcistica divisa tra calciatore e allenatore. Il traguardo è stato tagliato proprio ieri e il tecnico di Castefranco lo ha commentato incentrando l’intervista rilasciata a margine dell’amichevole seguita insieme ai tifosi, con un occhio rivolto al campo e i pensieri al preliminare di ritorno con lo Siroki.

Compleanno speciale. «Il 4 agosto del 1973 cominciai il mio primo ritiro in campionato, io non ancora diciottenne, con una squadra in serie A. Ero a Verona, allora era diffuso il nonnismo e dovevo portare la valigia di Zigoni. Ero il più giovane di tutti, gli altri avevano otto, dieci anni più di me e dimostravo meno della mia età anche fisicamente, però ci sapevo fare come calciatore ed ero un ragazzo rispettoso ed educato», ricorda Guidolin intrecciando i ricordi con quelli di una vita fa, lontana nel tempo ma non certo nella memoria. «Mi ricorderò sempre l’esordio in serie A nel 1975 con Valcareggi allenatore, vincemmo 1-0 con l’Ascoli.

É una vita fa, fatta da tante belle cose e tante amarezze, ma per quarant’anni ho fatto i lavori che mi piacevano e adesso sono qui contento di poter tagliare questo traguardo a Udine nella terra friulana, con il mio club. Sì, questo è il traguardo a cui ambivo di più e penso che se non avessi trovato l’Udinese mi sarei fermato a trentasei, trentasette». Se n’è ricordato anche patron Pozzo, con parole al miele ricambiate dal tecnico: «Il presidente è una persona sensibile a cui sono molto legato, c’è vicinanza, e il fatto che si sia ricordato mi ha fatto molto piacere».

Cambiamenti. Dagli albori della carriera ai giorni nostri Guidolin ne ha viste molte, dai campioni con cui ha giocato («Dico Zigoni e Di Natale su tutti»), agli allenatori avuti («Bagnoli mi ha insegnato più di tutti») alle squadre allenate. «L’Udinese del 2010 e il Palermo del 2006 sono state le migliori squadre che ho avuto».

Ma ci sono anche tanti altri aspetti a cui Guidolin ripensa con nostalgia: «Oggi c’è un’esasperazione insopportabile mentre una volta era diverso, era un mondo più bello e genuino. Adesso c’è molta immagine, i congiuntivi sono strapazzati, ma non importa. E poi ci sono troppe polemiche e non mi piace il fatto che comandino le televisioni».

Insegnamenti. C’è anche il tempo per chiedersi cosa hanno lasciato tutti questi anni di calcio. «Ho imparato a sgomitare, sono diventato uomo. Lo sport ti forma mettendoti davanti a prove importanti, gioia e amarezze, ma se non avessi fatto questa carriera avrei lavorato con mio padre nell’azienda di famiglia, avevo cominciato l’Università di medicina a Padova. Ero predisposto al lavoro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto