La domenica terribile che dalla memoria del calcio italiano non si potrà cancellare

Doveva essere il giorno di Udinese-Fiorentina si raccontò la tragedia di un ragazzo di 31 anni 

IL RICORDO

Massimo Meroi

Le undici di mattina, una domenica come tutte le altre e un sole quasi troppo caldo considerando che è il 4 marzo. Squilla il cellulare, è un collega: «È morto Astori, probabilmente non si gioca». I ricordi sono perfettamente nitidi come se fosse ieri. Capita sempre così quando il fatto è eccezionale. Tutti ci ricordiamo dove eravamo l’11 settembre del 2001, o la notte in cui l’Italia ha vinto il Mondiale di calcio. E tutti si ricordano dov’erano quando hanno ricevuto la tragica notizia di Davide Astori, un ragazzo di 31 anni, un papà, un calciatore. Sì un calciatore, il particolare non è secondario. Perché Davide ha smesso di respirare in un letto di albergo alla vigilia di una partita di serie A tra Udinese e Fiorentina. Davide era un atleta, un professionista super controllato. Ecco perché quel giorno lo smarrimento ha colto tutti: se all’improvviso si ferma il cuore di uno sportivo di 31 anni allora può succedere a chiunque.

Neanche il tempo di pensare e via di corsa verso l’hotel Là di Moret. Molti colleghi, specialmente fiorentini, sono già lì. Hanno gli occhi lucidi, loro Astori l’hanno conosciuto, ci hanno lavorato. Sbigottimento, costernazione.

In quei momenti si fa fatica ad andare a caccia di notizie. É domenica ci si preparava a raccontare una partita di pallone e ci si trova catapultati a descrivere la morte, il dolore. Da San Giovanni Bianco, paese del bergamasco, sono in arrivo i genitori e i fratelli, da Firenze la compagna. Impossibile non immedesimarsi in loro. Due genitori non dovrebbero mai veder morire un figlio. È contro natura. E che dire della bimba di due anni che nulla potrà ricordare del suo papà? Gli racconteranno le tante cose belle che Davide ha fatto su un campo di calcio e nella vita di tutti i giorni.

Magari quando sarà grande gli racconteranno o verrà a sapere anche che qualche mese dopo due medici sono stati indagati per omicidio colposo e magari che poi «è stata fatta giustizia». No, giustizia non sarà mai fatta, perché nessuno potrà restituire il figlio, il compagno e il papà Davide. È questo il pensiero anche di chi, quella mattina, doveva raccontare una partita di pallone e si è ritrovato a stretto contatto con un dramma. —

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