L’ingrediente di Ferronetti: «Serve tanta personalità»

UDINE. Ha giocato a Udine dal 2007 al 2012 vivendo le emozioni dell’Europa e dei preliminari di Champions, ma ha anche pianto tanto con due infortuni al legamento crociato. È rimasto legato in maniera indissolubile ai colori bianconeri, Damiano Ferronetti, che ha scelto di vivere proprio a Udine. L’ex calciatore, però, ha vestito anche la maglia del Genoa, seppur per una sola sfortunata stagione. «Le due esperienze sono completamente diverse. Qui ho vissuto cinque anni, l’Udinese è la squadra dove mi sono trovato meglio in assoluto e in Friuli sto benissimo. A Genova sono stato solamente un anno, emozionante, perché la responsabilità di indossare la maglia del grifone si sente, ma non è paragonabile. Sono stato bene con i compagni, la squadra, la gente, ma ho giocato solamente 4 partite a causa di un infortunio. A Udine c’è il mio cuore».
Quindi, inutile chiederle per chi tiferà domani?
«Per l’Udinese non c’è dubbio. Io sono romanista da sempre, per tradizione di famiglia, ma addirittura quando c’è la partita tra i giallorossi e i bianconeri sono sempre combattuto, alla fine resto spesso fedele ai colori friulani».
Ferronetti, cosa devo aspettarsi i giocatori dell’Udinese domani a Genova?
«Un ambiente molto caldo, Marassi è uno stadio che si fa sentire. Tutto questo, però, può essere anche un’arma a doppio taglio che l’Udinese potrà sfruttare. Se il Genoa inizierà bene la partita sarà dura, perché giocano molto sull’entusiasmo. L’arma da utilizzare sarà la personalità. I bianconeri dovranno scendere in campo pensando di affrontare una grande squadra, come hanno fatto a Torino contro la Juve».
Ha qualche consiglio da dare alla squadra di Delneri?
«Conosco Juric, perché quando giocavo in serie B lui allenava il Crotone. È un tecnico che chiede molto movimento ai suoi, tanta intensità, bisogna stare attenti e rispondere con le stesse armi».
Ferronetti, continua a seguire l’Udinese?
«Certo, lo faccio sempre. Ho notato che con l’arrivo di Delneri è cambiato l’atteggiamento, ed è molto positivo. Ora la squadra ha un’identità, ha certezze e scende in campo convinta di poter fare risultato. L’ho vista contro la Lazio e mi era parsa non viva, ora è tutto diverso. Oggi sono convinto che la salvezza tranquilla è alla portata. L’arrivo del nuovo tecnico è stato positivo, ma non mi meraviglia».
Perché non si meraviglia?
«Ho avuto come allenatore Delneri proprio a Genova, per pochissimo, perché è andato via presto, ma l’impressione che ho avuto da subito è stata positiva. È uno che ti fa allenare con i parastinchi, che ti chiede molto, ma che ti dà molto. Soprattutto certezze, ed è quello che sta facendo qui a Udine. Punta molto sul lavoro quotidiano e non guarda in faccia nessuno. Ricordo che ero appena rientrato dall’infortunio e lui invece di lasciarmi in disparte veniva a rincuorarmi, a spronarmi... Ottima persona anche dal punto di vista umano».
Ha un rimpianto legato all’Udinese?
«Non dovevo andare via, ma rimanere. In quel momento, però, la testa mi diceva quello. Ora posso dire che potevo restare».
Il ricordo più bello?
«Il mio primo gol in serie A segnato contro la Lazio. Da romanista mi è concesso. E poi i preliminari di Champions... Sono convinto che se avessimo giocato nel Friuli di oggi avremmo fatto ancora di più».
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