Maccan carico a mille: «Voglio la Lega Pro anche per papà Ezio»
PORDENONE. La voce è squillante, la voglia di giocare e far bene è tanta. Si capisce subito che Denis Maccan ha sposato in pieno il progetto dei “ramarri”. Il centravanti di Prata parla per la prima volta da neroverde. Dichiarazioni “sofferte”, perché il suo trasferimento è stato lungo un’estate.
Ma è durato così tanto proprio perché lui voleva solo il Pordenone. «Qual è il mio obiettivo? Sono qui per tornare in C». E poi «non mi manda papà Ezio (socio di minoranza neroverde, ndr): la sua presenza è solo una motivazione in più. Voglio vincere anche per lui».
Maccan, bentornato innanzitutto. Mancava dalla provincia da più di 10 anni.
«Giovanissimi della Sacilese, fine anni 90. Ho giocato nel vivaio del Treviso, quindi Arezzo, Venezia, Lumezzane, Andria, Brescia. Troppo tempo in giro (sorride, ndr): avevo voglia di tornare a casa».
Apriamo una parentesi: lasciare il Brescia, con cui aveva ancora 2 anni di contratto, è stata l’odissea dell’estate.
«Sì, è stato tormentato. La società voleva monetizzare, o usarmi come pedina di scambio in una trattativa. Io mi sono impuntato per rescindere. E ho ottenuto la buonuscita che mi spettava. Ripeto, il mio obiettivo era tornare a Pordenone. Anche perché tra due mesi diventerò papà».
Voleva i “ramarri”. Il suo trasferimento è un’onda partita un anno fa.
«Mi ha corteggiato il presidente Lovisa: prima in maniera soft, poi con più convinzione. Le sue parole hanno contato. Mi ha fatto innamorare del progetto. Tanti miei ex compagni mi hanno dato del pazzo: “perché scendi in serie D?”, mi chiedevano. Sono qui perché la società ha un motivo, perché si può andare in Lega Pro».
Ne è convinto?
«Eccome. La società è forte. Ho girato l’Italia del pallone: non ci sono tanti club organizzati come questo. Pure la squadra è forte. Giocatori come Zubin, Mattielig, Nichele potrebbero tranquillamente stare in Lega Pro».
Dopo anni a “singhiozzo”, qui può trovare continuità.
«L’infortunio di Lumezzane (2008, ndr) mi ha messo a terra. Ho subìto 5 operazioni al ginocchio, solo l’anno scorso sono stato meglio. Ora voglio giocare e basta: ho 29 anni, non sono vecchio, penso a vincere il campionato e tornare in C».
Domanda doverosa: lei è figlio di Ezio, socio del Pordenone. Come gestirà questa situazione particolare?
«Chiariamo: sono un giocatore come gli altri. E voglio esserlo sempre e comunque. Sono tornato a casa, ma mio padre non si è mai inserito nella trattativa. Anzi. Sono stato soprattutto io a volere il Pordenone. E’ uno stimolo in più: è anche per lui che voglio salire in Lega Pro in neroverde».
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