Magda Pozzo, il nuovo calcio e l’Udinese: «Lanceremo la via friulana»

UDINE. «Tra qualche anno mi immagino un’Udinese capace di attirare, attraverso il suo stadio, gli imprenditori e le famiglie, gli sportivi di diverse discipline e i giovani, di rappresentare un punto di ritrovo per quasi un milione di persone, non solo della nostra regione».
Magda Pozzo dice di essere la «meno tifosa» della famiglia. L’impressione è, invece, che il sacro fuoco bianconero l’abbia contagiata: non parla di tecnica, di schemi, di ripartenze, preferisce occuparsi di quela che potrebbe essere definita la “via friulana” al calcio moderno, fatto non solo di balòn, ma anche di organizzazione, marketing, immagine, sponsor e tv. Se l’Inghilterra dei maestri del football è diventata di nuovo l’eden del non è solo per i gol e i dribbling.
In questo senso l’Udinese è proiettata verso il futuro grazie alle scelte del paròn Gianpaolo che ha chiesto ai propri figli di dividersi i compiti: Gino è lo stratega, l’uomo delle scelte tecniche, Madga l’anima delle iniziative che fanno parte del cosiddetto “calcio moderno»”. Due parole che non piacciono ai tifosi di vecchio stampo.
Magda Pozzo, lo sa che se cominciamo l’intervista parlando di questi argomenti, molti si chiederanno: e la squadra? Che c’azzecca questo? Vogliamo vincere...
«Lo so benissimo e vorrei partire proprio da qui, per far capire che si tratta di un progetto ad ampio respiro, ma incentrato sull’evento sportivo. L’ultima gara, Udinese-Carpi, è stata surreale: la gente voleva fare festa, applaudire il nostro grande capitano, Di Natale, che ci salutava, ma abbiamo perso contro un’avversaria che è retrocessa. Non potevamo essere felici per questo. E per questo vi assicuro che è preoccupazione della società dare una stabilità al progetto sportivo, di modo che non si vivano più esperienze come quella».
Qualcuno dice: i friulani sono stati molto pazienti quest’anno. Anzi, in questi ultimi anni.
«Non è un’osservazione che mi trova d’accordo. Così sembra che le soddisfazioni non siano mai arrivate. Se ci penso su allora dico: i Pozzo sono appassionati, hanno sviluppato competenze, hanno realizzato anche uno stadio modello, ma non devono per forza restare al timone dell’Udinese».
Un messaggio a chi si lamenta della vostra gestione?
«No, una spiegazione di come vediamo la nostra partecipazione al mondo del calcio. A Granada abbiamo fatto così, è arrivato un gruppo straniero con soldi e progetti. E abbiamo ceduto. Ricevendo in cambio solo ringraziamenti. Erano in terza serie quando sono arrivati. L’Udinese naturalmente è qualcosa di diverso. Fa parte del nostro Dna. Ecco perché pensiamo di avere un progetto interessante per poterla collocare in una posizione di prestigio nel panorama nazionale».
Eccoci arrivati al punto di partenza: Magda Pozzo lavora per allargare gli orizzonti di interesse, anche economico, dell’Udinese.
«Guido una squadra che si muove per far conoscere l’Udinese come club, per le sue strutture, la sua cultura sportiva: lo stadio ci aiuta non poco in questa nostra opera».
Un dato tangibile?
«Riferisco le parole dell’amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, che è intervenuto in occasione dell’ultimo Sponsor Day. Ci ha spiegato che già nella prima parte della stagione, nonostante i risultati altalenanti, l’Udinese abbia avuto un 10 per cento in più di contatti tv durante le loro telecronache. È chiaro che l’impatto stadio, piacevole anche all’occhio, attiri dunque l’attenzione degli sportivi».
Già, lo stadio. Bello, funzionale, di proprietà: siete degli apripista in questo senso. La Juventus ha un altro target.
«Vero, la nostra è una realtà diversa. Per questo mi piace pensare che possa essere definita la via friulana a un calcio fatto non solo di partite e gol. Il rapporto che abbiamo con Infront, un colosso del marketing sportivo, in questo senso è molto prezioso. Loro curano la nostra cartellonistica, sono soddisfatti dei nostri risultati di termini di audience e di affluenza, ma soprattutto si stanno confrontando con noi per le iniziative che mirano a far diventare il nostro impianto un punto di attrazione per sette giorni su sette».
Magda Pozzo, a tanti mesi di distanza si può dire una parola sull’operazione Dacia Arena.
«Sì, che ci ha dato dei risultati eccellenti in termini di coinvolgimento di un colosso come Renault nella nostra realtà. La Dacia è un marchio che ci interessava non solo per i soldi per la sponsorizzazione dello stadio. E lo dico da friulana. Sono friulana dentro, nonostante da tanti anni io viva all’estero. E vedere che un marchio importante incentra delle campagne, che diffonde spot su di noi friulani, che porta i suoi uomini allo stadio del Friuli per fare le proprie convention, dalla Danimarca, dalla Francia, come da altri paesi, mi riempie d’orgoglio».
Siamo arrivati a parlare di spettatori, visto che una delle iniziative è stata il Family Project...
«Penso possa essere un punto di partenza. E un po’ l’emblema di quello vorremmo fare: il prossimo passo per quello che il giorno della partita, il match day. Durante la prossima stagione lavoreremo su questo, vogliamo le famiglie allo stadio, cercheremo di aiutarle, con iniziative, strutture, facilitazioni. Un impegno? Sì, un impegno».
Insomma, è il secondo passo dopo aver lanciato la vostra Club House.
«Era il punto di partenza. Portare il tessuto produttivo friulano allo stadio. Ci siamo riusciti. Abbiamo dei dati di presenza più che ottimi per il nostri Sky Box e per il pacchetto Vip, lì siamo addirittura al 100 per cento. Che si abbassa, si fa per dire , al 90 per cento per l’area President. Ma quello che mi fa più piacere è l’interesse per i nostri eventi. Per appuntamenti che sono molto più numerosi delle partite. Per la prossima stagione abbiamo intenzione di proporne 50. Praticamente una media di tre al mese. Se calcolate che attirano una media di 100 persone, siamo a quota 5 mila».
Abbiamo parlato della fase uno, della due legata alle famiglie e la terza? C’è un piano per il futuro?
«Certo, è legato alle strutture che si svilupperanno sotto le tribune dello stadio».
Ci sono state già delle anticipazioni: si parlava di capitali cinesi e di un progetto inglese...
«Non solo quello. Ci sono delle opzioni, dovremo valutare gli investimenti. Gli interessi. L’idea è realizzare là delle palestre, una piscina, centri medici, pub, bar sportivi per eseguire televisivamente anche altri eventi, lontani da noi. Aver firmato il contratto d’affitto con la sede del Coni è il primo passo di quella che dovrebbe diventare la cittadella dello sport».
Per attirare gente anche da fuori regione?
«Abbiamo uno studio che spiega come lo stadio di udine possa essere raggiunto da 600 mila persone con un’ora o meno di macchina. Dobbiamo sfruttare questo bacino d’utenza».
Anche per ingaggiare giocatori austriaci, croati, sloveni, ungheresi...
«Questo dovete chiederlo a un’altra persona persona (sorrde riferendosi al fratello Gino, ndr), io devo preoccupami di attirare interessi, gente e di far parlare dell’Udinese, affinché anche i giocatori, i tencnici poi siano invogliati dalla nostra realtà. E penso che la strada imboccata sia quella giusta. L’altro mese abbiamo incontrato i nostri colleghi che lavorano al lancio del nuovo stadio dell’Atletico Madrid».
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