Notti di coppe e di campioni e un’Udinese-Lazio da sballo

Le lacrime di delusione per i sogni sfumati contro Ajax, Barcellona e Arsenal e quelle di gioia per la cavalcata Champions di Guidolin: l’8 maggio 2011 finì 2-1

UDINE. È notte alta e sono sveglio. Come Eduardo De Crescenzo, quello di Ancora. Ancora calcio giocato, la stagione non è finita. Colpa della Copa America. Brasile a casa, Piris e il Paraguay in semifinale: la lotteria dei rigori tra gli sbuffi e una russata, poi la diretta tv passa la linea a una replica.

Sullo schermo c’è Totò Di Natale. Racconta la stagione della prima Champions dell’era Guidolin. Ancora. Sì, ancora un’altra ora davanti allo schermo piatto nel cuore della notte, perché quella primavera di quattro anni fa è davvero indimenticabile e culmina con lo scontro diretto che timbra il passaporto europeo: 8 maggio 2011, Udinese-Lazio 2-1.

Meglio questa di altre notti di coppe e di campioni (cit.) comunque vibranti. Perché chiuse con una lacrima sul campo. Il 4 novembre ’97 contro l’Ajax. O l’8 dicembre di otto anni dopo, col Barcellona.

Oppure il 24 agosto 2011, tre mesi dopo la sfida alla Lazio, quando l’Arsenal sbarrò il passo ai bianconeri. Ajax, Barça, Arsenal, che cacciabombardieri, che incrociatori da combattimento: mica poco per una “pilotina” del placido mare nostrum, del calcio italiano.

È quello che Pozzo può mettere sul piatto. «Ho vinto solo l’Intertoto, ma vi ho portato qui la crema dell’europallone e adesso vi restauro pure il teatro di un sogno».

Ecco il messaggio firmato dal nostro paròn. Grazie. Ma guardando le immagini di quella lunga cavalcata della magica primavera del Guido, restano nella testa, impresse poi nella memoria, le spalle dei bianconeri che corrono verso la curva per ringraziare i tifosi dopo l’ennesima vittoria.

Numeri e nomi. Soprattutto nomi. Peschiamo un po’ nel gruppo: Handanovic, Benatia, Zapata, Isla, Asamoah, Sanchez, Di Natale: quel giorno di maggio mancava Inler, ma importava poco o nulla, visto che in panchina Guidolin non pescò neppure Cuadrado o Denis.

Adesso scrutando con attenzione l’orizzonte che sarà tutto del “nostromo Colantuono” non vediamo neppure poche gocce dello stesso talento, soltanto le ultime fiammate di grandi campioni come Totò e uomini di calcio come Pinzi.

In definitiva è quella la grande preoccupazione di questi giorni caldi di mercato: fa pensare non vedere recapitare da Gino Pozzo, il dottor Livingstone dell’Udinese – si noti la scelta dell’esploratore inglese in onore della nuova frontera Watford –, altri talenti all’altezza del passato in Friuli.

Perché, in definitiva, chi erano tutti quei bianconeri prima dei giocare sotto l’arco dei Rizzi se nond ei “signori nessuno”? Chi erano Sanchez e Isla? Qui da noi diventarono un’oliatissima “catena di destra”fatta tutta in Cile. Il Niño Maravilla per El Huaso: cross e dopo 42 minuti di quella Udinese-Lazio Di Natale mette dentro una doppietta 2-0. Poi tanta Lazio, tanta sofferenza.

Flash. Angella stende Rocchi, Benatia si dispera mentre il super arbitro Rizzoli estrae il cartellino rosso. Espulsione e penalty.

Ma chi era Handanovic prima di approdare all’Udinese? È qui che è diventato il pararigori conosciuto in tutta Europa. Pernacchia di Zarate da dischetto e via a difendere il vantaggio per gli ultimi 22 minuti, a rendere inutile il gol di Kozak e reale la disperazione del “nemico” Edy Reja.

Sorpasso sulla Lazio. Che partita. Quasi una buonanotte ai sognatori con i tempi che corrono.

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