Marino spinge l’Udinese: «Sarebbe un vero delitto non arrivare a quota 50»

L’ex dirigente bianconero guarda oltre il sogno europeo ormai svanito: «Il ko con il Verona equivale a un duro risveglio, ora bisogna evitare un pericoloso contraccolpo»

Stefano Martorano
L'ex dirigente bianconero Pierpaolo Marino e, a destra, mister Kosta Runjaic
L'ex dirigente bianconero Pierpaolo Marino e, a destra, mister Kosta Runjaic

«Il ko con il Verona equivale a un duro risveglio, ma adesso bisogna evitare il pericoloso contraccolpo e portare a casa il decimo posto superando i 50 punti». Indica la rotta da tenere fino alla fine Pierpaolo Marino, che per il bene che vuole all’Udinese non vorrebbe rivedere la Zebretta in calando nel finale di campionato, proprio come avvenne nella sua ultima stagione (2022-’23) da dirigente, quando il pareggio interno col Monza, proprio alla 29ª giornata, segnò la fine del sogno europeo della squadra allora allenata da Andrea Sottil.

Marino, quali similitudini accostano l’Udinese attuale a quella di due anni fa?

«La classifica innanzitutto, visto che anche allora eravamo decimi a nove giornate dalla fine, sebbene con un punto in meno rispetti agli attuali 40. E poi l’assenza di peso in avanti perché noi ci trovammo senza Deulofeu da gennaio, quando eravamo settimi, e il Thauvin appena arrivato dal Messico non era certo quello di adesso. Col Verona il francese è mancato e si è visto».

Alla ripresa con l’Inter l'Udinese punta a riavere il suo capitano.

«E sarà un bene perché è una pedina insostituibile per come sa spaccare le linee avversarie senza dare punti di riferimento, con la sua abilità nel creare la superiorità numerica, proprio come era il nostro Deulofeu. Detto questo, il passo falso col Verona può essere pericoloso proprio come lo fu per noi quel pareggio interno col Monza, sebbene quel Monza fosse una bella squadra e giocava bene».

Quali i pericoli?

«La mancanza di obiettivi innanzitutto. Noi avevamo cullato il sogno Uefa e anche senza fare proclami alla tifoseria ci credevamo davvero, avendo anche fissato dei premi. Il contraccolpo fu duro perché dopo quel due a due ci allontanammo dalla zona Europa finendo a nove punti dall'Atalanta, allora settima. Da lì in poi conquistammo solo sette punti nelle restanti nove giornate».

Vista la sua esperienza, cosa bisogna fare in questa situazione?

«Tenere la tensione alta nel gruppo, un compito che spetta soprattutto all'allenatore, perché c'è il rischio che qualche giocatore pensi solo al proprio orticello».

Come riuscirci?

«Bisogna aumentare la competitività nei ruoli affinché chi deve partire a fine stagione giochi per conservare il posto in chiave mercato, cercando di spuntarla su chi invece deve giocare per meritarsi la riconferma. La gestione quindi è importante e l’allenatore deve saper fare le giuste rotazioni senza insistere sempre e solo su alcuni piuttosto che altri. Il turnover deve essere ragionato e serve un pugno di ferro negli allenamenti perché la condizione fisica è basilare anche e più di prima. Cuore e cervello non bastano».

A proposito di rotazioni, Davis può essere l’asso per il fine stagione?

«Assolutamente. Davis è il giocatore che ha fatto il miracolo a Frosinone segnando da stirato, ma se è recuperato sarebbe una buona soluzione anche facendolo giocare con Lucca».

Come recuperare Sanchez?

«Non abbiamo visto il vero Sanchez e può dipendere dall’impiego non stabile, quindi qualche partita intera sarebbe l’ideale, altrimenti rischia di perdere d’importanza».

Marino, Runjaic andrebbe riconfermato?

«Ha in mano una squadra forte che per me ha fatto cinque punti in meno. Detto questo, mi piacerebbe sentirlo parlare in italiano per conoscerlo meglio. Credo che con nove partite davanti l’Udinese debba arrivare almeno a quota 50, altrimenti sarebbe un vero delitto».

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