Piubello, dalla maglietta per Michael Jordan a un paio di schemi per far ripartire il basket

L’imprenditore-dirigente racconta l’incontro col giovane “Air” ora sempre più mito con la serie di successo su Netflix 

il personaggio

ANTONIO SIMEOLI

Impazza su Netflix “The last dance”, il racconto dell’epopea dei Chicago Bulls, il racconto di Michael Jordan, il più grande di tutti. Lui, regale, in poltrona che racconta le sue gesta. Un altro, su un’altra poltrona nella casa di Tricesimo, che ricorda quel giorno d’estate di 35 anni fa. Massimo Piubello, 59 anni, per certi versi ha rappresentato in Italia molto del basket anni ’80 e ’90, epoca d’oro per lo sport dei canestri.

Giocatore nelle giovanili dell’Apu, imprenditore, dirigente (portò la Gorizia dei Terraneo in serie A1 nel 1998), poi organizzatore di eventi, ha il basket nel sangue. Appesa al muro, sotto vetro, quella foto con dedica. «Il vetro si è rotto - spiega - non ho il coraggio di cambiarlo per non rischiare di rovinare quella foto con dedica».

Michael Jordan, 22 anni, reduce da un’ottima stagione d’esordio in Nba con i Bulls, è in tourneè in Italia con la Nike. A Trieste si organizza la sfida Stefanel contro Caserta, Jordan gioca in maglia di Trieste griffata Piubello. Incanta, sotto gli occhi degli arbitri udinesi Gorlato e Deganutti, schiaccia mandando in frantumi il tabellone. «Gli consegnai la maglia - ricorda Piubello - andammo pure a cena, mi fece un autografo con dedica. Un’emozione, ho visto la prima puntata della serie Netflix e non ho potuto pensare a quanto sono stato fortunato».

Jordan torna negli Usa e diventa mito, il più forte di tutti, tecnicamente e “commercialmente” facendo esplodere il marchio Nike nel mondo.

Piubello? «Ventiquattrenne amante del basket avevo da poco convinto mio papà Renzo, titolare di un maglificio, ad aprire una sezione abbigliamento sportivo. Ho sempre pensato che il talento incontrasse l’opportunità, il resto l’hanno fatto la passione per il basket e un po’ di fortuna». Capisce che produrre abbigliamento solo per il basket può essere la carta vincente. Solo le grandi aziende lo fanno, ma lui può avere prezzi concorrenziali con qualità da sartoria. Diventa persino distributore Nike. “Air” Jordan fu uno dei primi suoi testimonial involontari.

«Dal produttore al consumatore, senza intermediari, mille lire in meno della concorrenza e via», ricorda orgoglioso. Comincia a ri-frequentare quei palasport - che aveva annusato da giovane giocatore fino a finire in serie A con la Mobiam a fine anni ’70 - come produttore di abbigliamento e fornitore. «A fine anni ’80 nella mia scuderia c’erano 10 club si serie A, ma anche la Jugopalstika Spalato, - spiega - per dieci anni sono stato il fornitore delle squadre Benetton. Prendeva le misure ai giocatori e produceva. «Era complicato star dietro alla richieste degli uffici marketing, ma la divisa della Benetton con le stelline è un mio grande orgoglio», svela. E poi snocciola il quintetto dei giocatori da lui vestiti: «D’Antoni, Jordan, Kukoc, McAdoo, Gilmore. Ma sono solo i principali...».

Nel 1998 da general manager porta Gorizia in serie A1:

«Se non avessimo vinto quel campionato il presidente Terraneo ci avrebbe uccisi», ricorda con orgoglio parlando di una città dove la passione del basket anche senza squadre di vertice «cova sempre sotto le braci». Già, il basket. Su Amazon si può trovare “La realtà del sogno, il giocatore”, i-book in cui Piubello racconta tutta la sua avventura.

Ma uno che ha vestito i campioni come farebbe ripartire il basket? «Da dirigenti appassionati e dai giovani. Una lega “vetrina” e in A2 spazio a uno-due stranieri e ai giovani». Passione e determinazione sono sottintese, la base anche per uno come Michael Jordan che quella sera a Chiarbola indossò una canotta Piubello. Va detto, non capita a tutti. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA



Riproduzione riservata © Messaggero Veneto