Quelle le raffiche che fiaccarono Pellizotti sulla montagna calva

«Senza gli ultimi 6 chilometri non sarà il vero Mont Ventoux». Parole di uno che se ne intende di quelle salite. Parole di Franco Pellizotti, che conosce bene quei 1.900 metri, quel gigante della Provenza: la montagna calva. La vetta che, col fratello Gherardo, Francesco Petrarca scalò nell'aprile del 1336 e raccontò quel l'impresa in una lettera che segna lo spartiacque tra Medioevo e Umanesimo. Fino a Chaket Renard 15 km al 9 per cento di pendenza, poi 7 km più facili, ma in un paesaggio lunare fino all’osservatorio in vetta. Sotto la Provenza, a fianco solo sassi e rocce. E il mistral che come oggi potrebbe soffiare a oltre 100 km l’ora. Un massacro per i ciclisti, che senza vegetazione accanto vedono diminuire l’ossigeno amico per i loro polmoni e muscoli. Il Ventoux è la montagna della tragedia di Tommy Simpson l’inglese che, pieno di anfetamine (all’epoca legali) il 13 luglio 1967 perse la vita a poco più di un chilometro dalla vetta per un attacco di cuore. Ora un cippo ricorda quella tragedia, i migliaia di cicloamatori che ogni anno salgono come in processione su quella montagna gli dedicano una preghiera.
Il Ventoux, quello degli scatti di Pantani nel 1994, l’anno in cui il gregarione Eros Poli, che di solito tirava le volate a Cipollini, s’inventò una fuga da campione. Il monte calvo, quello su cui il Pirata vinse nel 2000 dopo un duello con sua “maestà epo” Armstrong, che disse di aver fatto vincere l’italiano, o in cui tre anni fa Froome s’inventò una di quelle “frullate” capaci di piegare le gambe a Quintana e Contador.
In mezzo? La quasi impresa del friulano Franco Pellizotti nel 2009. Penultima tappa prima della chermesse di Parigi. Contador in giallo, Armstrong a 37 anni, tornato alle gare a tre anni dal ritiro, che va a caccia del podio. Vincenzo Nibali maglia bianca di miglior giovane. Un giovane Tony Martin in fuga con lo spagnolo Garate, che lo batterà e dietro la maglia a pois Pellizotti, orgoglio carnico, che esce dal gruppo tentando di raggiungere i due in testa. Arriva a 20 secondi a meno tre dalla vetta, tra le pietre e davanti a 500 mila persone che hanno preso d'assalto la montagna. «Pellizottì Pellizottì» grida lo speaker. Poi il vento gli appesantisce i muscoli e lo ricaccia indietro, finirà nel gruppo maglia gialla, perderà quella preziosa maglia per la controversa squalifica doping. Il vento lo batte. «Ho un ricordo bellissimo, e quella tappa mi si addiceva», ricorda oggi il friulano, che commenta così la decisione presa ieri di accorciare il traguardo. «Il pezzo più duro è quello iniziale e la parte aperta è quella più facile, ma con sei chilometri in meno cambia tutto e chi vorrà attaccare dovrà farlo da subito». Insomma un Ventoux dimezzato, era la montagna più attesa del Tour, non a caso piazzata “il” giorno dei francesi, 14 luglio festa nazionale.
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