Sci alpino, Ghedina racconta la leggenda della Streif

Il campione ci riporta nella pista di Kitzbuhel dove vinse 26 anni fa: «Velocità, tecnica, storia. Lì Paris e Casse possono far bene»
Gianluca De Rosa

C’è un antico detto nel circo bianco che, più o meno, recita così: “Se non hai gareggiato sulla Streif almeno una volta in carriera non puoi considerarti un vero sciatore”. Tempio indiscusso della discesa libera in grado di richiamare l’attenzione di decine di migliaia di tifosi provenienti da ogni angolo del mondo: il weekend di Kitzbuhel si conferma un must intramontabile del calendario di Coppa del mondo maschile. Molto temuta, ma altrettanto rispettata.

Servirà l’impresa oggi (diretta alle 11.30 su RaiSport ed Eurosport) e domani per domare la Streif con i suoi numeri implacabili che prevedono pendenze con punte dell’85% e una velocità massima, soprattutto nello shuss finale, che sfiora i 150 chilometri orari. Era il 24 gennaio del 1998 quando Kristian Ghedina riuscì ad imporsi: fu il primo italiano a vincere a Kitzbuhel. Arrivò secondo nel 2000 mentre celebre fu la performance datata 2004 culminata con la celebre “spaccata”.

Il Ghedo, a distanza di ventisei anni dalla vittoria di “Kitz” ha riavvolto il nastro per raccontare segreti e curiosità di una pista su cui più di qualche collega in carriera ha rischiato di lasciarci le penne. «È disegnata con una conformazione molto particolare, con il primo tratto e l’ultimo velocissimi. Nel mezzo c’è una parte più lenta ma quasi sempre ghiacciata. È lì che si decidono le sorti della gara.

La doppia curva in contropendenza Steilhang se non la si prende bene ti butta dritto sulle reti di protezione. Anche l’immissione nel Brückenschuss, la stradina, si presenta tutt’altro che semplice. Il salto finale poi lascia senza fiato, sia per le pendenze sia perchè lo sguardo vola verso la folla oceanica che attende l’atleta intorno al traguardo. Uno spettacolo, magia pura». Kitzbuhel è di fatto il piatto forte della Coppa del mondo maschile, un pò come lo è Cortina per quella femminile.

Ma quali sono i segreti di tanto successo? «È una pista quella di Kitz, che trasuda storia in ogni angolo», risponde Ghedina, «ricordo che nel 1990 celebrarono i suoi primi cinquant’anni con una grande festa, siamo arrivati al 2024 e il clamore è rimasto intatto nonostante il passare del tempo. Lo sci è molto legato alle tradizioni e Kitzbuhel vuol dire tradizione».

Che gara faranno oggi e domani gli azzurri? «Paris qui ha già vinto, lo si aspetta sempre tra i protagonisti ma quest’anno manca di continuità. Dopo la vittoria in Val Gardena mi aspettavo che potesse scattare la scintilla giusta e invece a Bormio è stato sfortunato. Resta comunque l’atleta in grado di regalare soddisfazioni anche quando i pronostici dicono il contrario. Personalmente ho un debole per Mattia Casse. Ha l’età giusta per imporsi, deve crederci perchè il futuro dello sci azzurro passa da lui. Dietro ci sono tanti giovani emergenti ma serve tempo e pazienza».

Che momento vive lo sci azzurro? «Le donne continuano a meritarsi le copertine, non si può negare che il movimento femminile si stia meritando la vetrina più degli uomini».

Dallo sci al calcio, perchè domani sera il Ghedo sarà protagonista nel pre match di Udinese-Milan a Udine: «Per che squadra di calcio tifo? Non sono un tifoso di calcio, al massimo posso considerarmi un simpatizzante. Ho ricordi da bambino che mi legano alla Juve attraverso l’album delle figurine Panini. Ai miei tempi la Juventus vinceva tanto, era facile diventare simpatizzanti della maglietta bianconera ma non sono un tifoso. Diciamo che oggi più che di una squadra, simpatizzo per chi gioca meglio».

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