Il sogno di Vicario: «Voglio giocare la Supercoppa Europea a Udine»
Il portiere friulano del Tottenham è in fase di recupero dopo un infortunio alla caviglia: «L’obiettivo è farmi trovare pronto per la fase decisiva della stagione»
Sta tornando, bruciando le tappe dopo l’infortunio alla caviglia che lo ha costretto ad andare sotto i ferri. Quel 25 novembre in Premier League giocò mezz’ora con una caviglia fratturata, a dimostrazione del Dna friulano con impresse tenacia e forza di volontà, Guglielmo Vicario, 28 anni di Udine, da due stagioni colonna del Tottenham, gloriosa (e ricca) società di Londra solo 14ª in Premier e distante anni luce dalla zona Champions ma con tre coppe ancora in ballo compresa l’Europa League.
Vicario come sta?
«Il percorso riabilitativo va bene, sto sempre meglio e voglio essere pronto per la fase decisiva della stagione. Giovedì in semifinale di Carabao Cup i miei compagni dovranno difendere l’1-0 dell’andata a Anfield col Liverpool, poi avremo Fa Cup ed Europa League in cui ci siamo piazzati tra le prime otto. E poi dobbiamo risalire in Premier, i nostri tifosi non sono abituati a vederci così nelle retrovie».
Differenze tra Premier League e Serie A?
«Il calcio è uguale, la cultura calcistica è diversa e qui è figlia di quella inglese. Londra corre, guarda al futuro e infatti in campo ci sono fisicità, duelli uno contro uno, partite spettacolari. L’obiettivo è segnare un gol in più, quello che piace alla gente».
Per un portiere cosa cambia?
«Di certo il portiere qui è poco tutelato. Sui calci d’angolo specialmente è dura per un portiere farsi largo, adattarsi è stato complicato».
Come mai è diventato sùbito un idolo dei tifosi sin dalle prime partite della scorsa stagione?
«Credo dipenda dall’obiettivo con cui uno si vuole calare nella nuova realtà. Io l’ho fatto subito a 360° legando con il popolo del Tottenham anche perchè parlo bene l’inglese. La gente poi ha piacere di vedere gente che si sacrifica per i colori della propria maglia».
Cosa l’ha colpita dei supporters in Inghilterra, qui nella sua Udine hanno appena assaltato un treno pieno di tifosi del Venezia...
«L’approccio della gente. Vanno a tifare la propria squadra famiglie intere con bambini. Tifo per e non contro, in Italia invece c’è un approccio più maniacale, la partita di calcio è troppo spesso un modo per sfogare le proprie frustrazioni. Qui no».
Era così anche oltre Manica fino a 30 anni fa poi, con pene severe e un lavoro sulla cultura, le cose sono cambiate.
«Oggi la realtà è quella di stadi in cui si va a vedere uno spettacolo e a tifare per la propria squadra».
La segue la serie A?
«Certo, e faccio il tifo per l’amico Meret affichè riesca ancora una volta a trionfare in una città che vive per il calcio come Napoli. Conte ha dato una sterzata al Napoli e l’ambiente dopo lo scudetto aveva bisogno proprio di questo».
E Meret ha ritrovato l’amico Scuffet...
«È una storia emozionante, io ho lasciato l’Udinese prima, ma loro sono stati insieme tanti anni, è bello che possano lottare insieme per uno scudetto».
Perchè c’è una scuola friulana dei portieri?
«Oltre al talento ci sono serietà e impegno, poi va dato molto merito al settore giovanile dell’Udinese con allenatori come Alex Brunner e Sergio Marcon che ci hanno indicato la via. Insomma, noi protagonisti di questa bella epoca dei portieri friulani sappiamo bene quale sia il seme che ha dato vita alla pianta».
Vicario, lei dall’Udinese è andato a giocare in Serie D, ha fatto tanta gavetta. Poi ha incrociato a Venezia un mostro sacro come Zenga.
«Il mister mi ha dato tanta fiducia. Da quell’anno a Venezia si è instaurato un bellissimo rapporto, dopo l’infortunio alla caviglia è stato tra i primi a chiamarmi. Walter è stato un pilastro della mia crescita anche per quello che ha rappresentato nel suo ruolo».
Un altro mostro sacro tra i pali, Dino Zoff, è un suo grande estimatore. Sensazioni?
«Uniche. Zoff ha fatto la storia del calcio e del Friuli. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di parlare con lui, lo ringrazio per le belle parole che dice sempre nei miei confronti. Ha alzato la Coppa del mondo, ha fatto grande il calcio italiano».
A proposito di Mondiale: ci crede?
«È l’obiettivo di un calciatore giocare un Mondiale, farò di tutto per guadagnarmi la convocazione del ct Spalletti e contribuire al raggiungimento di un obiettivo fondamentale per il calcio italiano: tornare dopo tanti anni a giocare la Coppa del mondo».
Come va agli Spurs con l’altro ex Udinese Udogie?
«Il fatto che abbia giocato a Udine, città che Destiny ricorda sempre con grande affetto, ha cementato il nostro legame. Si è imposto anche in Premier e quando tornerà al top riprenderemo a sognare azzurro e Mondiale».
Donnarumma, poi lei, Meret. E sono arrivati Carnesecchi, Di Gregorio: la concorrenza aumenta.
«La concorrenza è il sale dello sport. Come migliorare sempre e avere una sana ossessione di farlo. Deve essere un orgoglio far parte di una scuola italiana che sforna portieri su portieri di valore. La scuola degli estremi difensori azzurri ormai è un brand nel mondo».
Vicario, ultima domanda: a Udine il 13 agosto si giocherà la finale della Supercoppa Europea. Sembra un segno del destino per lei, non trova?
«È inutile negarlo: sogno di giocare quella partita. Vorrebbe dire che il Tottenham ha vinto l’Europa League, il nostro grande obiettivo stagionale ma durissimo per cui mancano ancora sette partite. Il 21 maggio vogliamo andare a giocare la finale a Bilbao e vincerla, poi essere a Udine il 13 agosto sarebbe il massimo. In autunno ho esordito in Nazionale contro Israele al Friuli, giocarci una finale europea sarebbe il coronamento di un sogno». Un bel coronamento, non c’è che dire.
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