Soncin: «Fidatevi di mister Tedino può mettere a segno la grande impresa»

L’analisi
PORDENONE
Esistono personaggi di fronte ai quali i tifosi non rimarranno mai indifferenti. Uno di questi, per i supporter del Pordenone, è sicuramente Giovanni Soncin. Classe 1964, nativo di Eraclea, è stato sia giocatore sia tecnico dei ramarri, conquistando nella sua ultima stagione da calciatore la promozione in C2 (nel 2001-2002). Nel 2000-2001 è stato allenato da Bruno Tedino, suo coetaneo e attuale condottiero dei neroverdi. Il “Soncio”, che guida la Roveganese nell’Eccellenza veneta, ha argomenti per parlare. Spazia tra passato e presente e sostiene che Tedino «può salvare la squadra. Perché già 20 anni fa aveva idee da categoria superiore».
Andiamo subito all’estate del 2000: Soncin decise di scendere in serie D e ripartì dai Pordenone.
«Avevo appena conquistato la promozione in B con il Cittadella. Mi rimisi in gioco: mi aveva colpito il progetto del club neroverde. Infatti in due stagioni siamo saliti tra i professionisti. Ci andammo vicino già al primo anno, quello con Tedino in panchina. Questione di episodi e di circostanze sfortunate. Ma giocavamo un grande calcio».
Che allenatore era al tempo Tedino? Contando che aveva solo 36 anni?
«Innovativo. Non snaturava i giocatori, sapeva esaltare le loro caratteristiche. E aveva un grandissimo occhio per individuare gli elementi di talento. Una caratteristica che dimostrò anche quando lavorò nel vivaio del Treviso, dove lo seguii proprio nel 2002 a fine carriera. Seppe scoprire Reginaldo, Barreto e anche Poli, il centrocampista ex Inter e Bologna che in seguito ho allenato anche io. Da Tedino ho imparato molto cose. Secondo me, in carriera ha raccolto meno di quello che merita».
Nel settembre del 2011, per allenare la prima squadra, lei tornò Pordenone.
«E come Bruno quest’anno, ero il terzo tecnico della stagione. Arrivai dopo Vanoli e Tomei e con una rosa da sfoltire. Tra la fine dell’andata e l’inizio del ritorno centrammo sei vittorie di fila, poi mancammo la qualificazione ai play-off all’ultima giornata. Rimasi anche il campionato successivo ma venni esonerato a gennaio del 2013 da secondo in classifica».
Dopo la partita del Bottecchia con il San Paolo Padova, pareggio per 2-2.
«È un grosso rimpianto. Il tempo passa ma quell’esonero, quando ci penso, mi dà ancora un po’ fastidio. Stavamo recuperando giocatori importanti come Segato e Nichele, si potevano fare ancora grandi cose. E davanti avevamo due super-attaccanti come Zubin e Sessolo».
Fu lei a volere “Zubo”, vero?
«Sì, aveva già 35 anni, ma era un giocatore incredibile, tra i più forti che ho allenato, con un’intelligenza calcistica fuori dal comune. Un altro ragazzo a cui il calcio ha dato meno di quanto avrebbe meritato. Non a caso la stagione successiva, con Parlato in panchina, trascinò i neroverdi in C».
Che ricordo ha di Lovisa? «Un presidente esigente, che però mi diede la possibilità di guidare squadre forti. Poi andò come andò. Ma gli sarò sempre riconoscente».
Tornando a oggi: il Pordenone può salvarsi?
«Tedino può portare il gruppo a compiere l’impresa. Ho visto le ultime gare e ho notato una squadra viva oltre che organizzata. Bisogna rimanere attaccati al treno-salvezza, iniziando a vincere. E tra di loro i calciatori devono guardare sempre avanti, mai indietro pensando a ciò che è stato».
Tra le rivali dirette c’è il Cosenza di Marco Zaffaroni, con cui ha giocato a Taranto a inizio anni ’90.
«Libero di scuola Torino, bravo a guidare la difesa, con una leadership spiccata. Un rivale tosto. Ho seguito il suo percorso, sono contento sia arrivato dove si trova ora».
E tra i ramarri c’è Simone Pasa, figlio di Daniele, con cui ha giocato a Pordenone e a Treviso.
«Lo conosco da quando era ragazzino e militava nel vivaio del Montebelluna. È un centrocampista che mette ordine, mi piace, ha caratteristiche diverse dal papà, che era una mezzala devastante, con tempi di inserimento unici e tanti gol in canna. Lui voleva giocare seconda punta, ma da incursore era più forte!».
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