Totò e un gps per amico: «Corro 10 km a partita» FOTO
ARTA TERME “Antes que decir mama, los uruguayos dicen pelota”. Prima di pronunciare la parola mamma gli uruguagi dicono pallone scrive quello straordinario cantore della cultura latino americana che è Eduardo Galeano. Antonio Di Natale non è nato a Montevideo, a Baires o sulla spiaggia di Ipanema ma ha di sudamericano ha il talento, un talento da dieci. Dieci come il numero che porta da sempre sulla maglia e come la stagione consecutiva - dopo aver rifiutato tutte le big del campionato - in bianconero. Con un chiodo fisso in testa: il Maracanà.
Di Natale, lei ha idea del subbuglio che ha creato in città la voce di un suo possibile trasferimento al Milan a giugno?
Sì lo so. Ringrazio Allegri e Galliani per la proposta, nemmeno l’unica ad essere arrivata al mio procuratore a essere onesti, ma io ho sempre voluto chiudere la carriera nell’Udinese. E adesso siamo contenti tutti: io, la società e i tifosi.
L’Udinese, ma anche Udine visto che lei continua ad investire in città…
Il mio scopo è semplicemente quello di cercare di restituire a questa gente una fetta di tutto quello che mi ha dato in quasi un decennio facendomi sentir euno di loro. Per questo motivo adesso al Donatello, come in precedenza all’Ancona, stiamo realizzando dei campi degni di questo nome.
A meno di 10 giorni dal preliminare come si sente?
Bene. Nei giorni scorsi ho avuto un piccolo affaticamento muscolare e abbiamo preferito non rischiare, sto lavorando bene e di questo devo ringraziare Paolo Artico.
A proposito di Artico, cosa risponde a chi pensa che non sia giusto che lei segua una serie di allenamenti “ad hoc” e abbia un preparatore personalizzato?
Diano un’occhiata ai numeri. E questi dicono che nelle ultime quattro stagioni, da quando mi segue Paolo, ho segnato una media di 28 reti - tra campionato e coppe - all’anno. E poi, francamente, mi sembra una polemica sterile e che esula dalla nostra realtà visto che tutto, qui, viene sempre concordato con lo staff e con la dirigenza per il bene dell’Udinese.
Quanto la stuzzica l’idea di giocare il mondiale in Brasile?
Da morire. Scendere in campo, una volta nella vita, al Maracanà sarebbe la ciliegina sulla torta di una carriera comunque fantastica. Ma per convincere Prandelli devo pensare ad allenarmi bene, e a disputare una grande stagione con l’Udinese.
Più facile da farsi in una squadra dove, dicono, tutti corrono per lei?
Onestamente questo mi pare un falso mito. È vero che, negli anni, sono diventato un giocatore diverso rispetto a inizio carriera, ma non è vero che non corro. Lo sapete che, tramite gps, è stato calcolato che nelle ultime gare dello scorso anno, e quindi a fine stagione, ho percorso una media di 9,8 km a partita? Se vi sembrano pochi…
Il suo ex compagno, Handanovic, ha recentemente dichiarato che per l’Inter non disputare l’Europa League è un vantaggio. Lei cosa ne pensa della coppa?
Io all’Europa ci tengo eccome perché regala lustro alla squadra, alla società e a tutto il territorio. Il doppio preliminare? Non so quanto possa influire: dipende da quanti giocatori avremo in rosa, quanto turn over verrà effettuato, dagli infortuni. Le variabili sono infinite.
Lo scorso anno, in ritiro, indicò Allan come sorpresa ed ebbe ragione. Quest’anno su chi scommette?
È presto per dirlo, ma mi piace parecchio Widmer. Ha “gamba”, personalità e mi sembra quello più sveglio di tutti quelli arrivati a Udine quest’estate.
Capitolo compagno d’attacco: in coppia con Muriel sì o no?
Sì, perché Luis ha classe da vendere e vede la porta come pochi altri attaccanti. A condizione, però, che capisca bene il concetto tattico che richiede Guidolin. Il mister lo vuole più trequartista che punta pura, in modo tale che aiuti il centrocampo. Io glielo dico sempre: Luis nel calcio per diventare un campione bisogna correre. E mi sembra che stia entrando perfettamente nella parte.
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